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Joe Biden e il clima: si volta pagina a cominciare dall’Accordo di Parigi

Il nuovo presidente riporta gli Stati Uniti dentro all'Accordo di Parigi, ma quali altre sfide caratterizzeranno l'era Biden in materia di politiche climatiche?

L’era Joe Biden è iniziata. Un cambiamento radicale per gli Stati Uniti e per la loro politica climatica, che il predecessore Trump aveva boicottato a favore di iniziative non proprio green, come l’uscita degli states dall’Accordo di Parigi.

Una delle prime mosse del nuovo presidente, invece, riguarda proprio il rientro nel patto per il clima. Un’iniziativa che il WWF Italia ha salutato come “l’era del coraggio per azzerare le emissioni di carbonio e vincere la sfida climatica in modo equo”.

Certo, la missione di Biden non sarà così semplice perché dovrà scontrarsi con il Congresso ma la squadra scelta per avviare la svolta green è formidabile. Il neo Presidente ha anche nominato esperti presso il Dipartimento di Stato e il Consiglio di Sicurezza Nazionale, il principale organo consultivo del Presidente per tutte le decisioni di politica estera. Il Dipartimento del Tesoro, il Dipartimento dei Trasporti e l’ufficio del Vice Presidente Kamala Harris avranno tutti uno staff dedicato alla politica climatica, con ulteriori assunzioni previste nei prossimi giorni.

Solo questo la dice lunga sull’importanza che Joe Biden attribuisce alla minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per gli interessi americani e per il resto del mondo. D’altronde, il presidente è stato eletto anche per il suo ambizioso programma sull’ambiente che prevede, inoltre, di investire 2’000 miliardi di dollari nella transizione energetica e nella giustizia ambientale (il 40% dei quali deve andare alle minoranze più vulnerabili) e di porre fine ai sussidi alle energie fossili. Joe Biden promette anche di mettere il Paese sulla buona strada per raggiungere una produzione di energia elettrica completamente pulita entro il 2035 e la neutralità delle emissioni di CO2 entro il 2050.

Il sito di analisi delle politiche climatiche Climate Action TrackerLink esterno stima che il programma di Joe Biden, se attuato, eviterà l’emissione di 75 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2050, ovvero circa 15 anni di emissioni statunitensi al ritmo attuale.

Niente male, soprattutto se contiamo che anche la Cina ha annunciato che prevede di raggiungere la neutralità climatica entro il 2060. Questa potrebbe essere davvero la svolta in termini di lotta al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. Ma che ruolo avranno l’Europa e l’Italia in questo processo?

Se è vero che Biden è visto come colui che riporterà gli Stati Uniti al centro dell’azione climatica globale, è pur vero che i prossimi 4 anni di amministrazione Biden sono un periodo ambivalente, durante il quale l’Unione Europea si gioca una buona fetta delle sue ambizioni globali.

Non è certo un mistero che l’America non veda di buon occhio un’Europa (troppo) forte, anche dal punto di vista ambientale. Basti pensare al potenziale dirompente che ha uno strumento come la carbon border tax nei rapporti con gli Usa. O l’introduzione anche in Cina di un sistema di scambio dei crediti di carbonio, modellato più o meno sull’ETS europeo. Oppure, ancora, il dialogo intavolato con Pechino proprio a partire dal clima, che in un certo modo taglia fuori gli americani.

Il WWF auspica che il 2021 rappresenti davvero l’anno della rinascita, “specie se i grandi appuntamenti internazionali dove anche l’Italia sarà tra i protagonisti –la COP Giovani sul clima a fine settembre/inizio ottobre a Milano; la COP15 sulla biodiversità a Kunming (Cina) ad ottobre; il G20 a fine ottobre a Roma; la COP26 sul clima a Glasgow – vedranno assumere le decisioni e gli impegni necessari per affrontare in modo più efficace il cambiamento climatico, per invertire la perdita di natura, per rafforzare l’agenda del cibo e degli oceani, per dare un nuovo impulso all’azione di conservazione possano contribuire disegnare un futuro sostenibile”.

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