Home Lifestyle Mascherine peggio delle bottiglie di plastica: minaccia per gli ecosistemi

Mascherine peggio delle bottiglie di plastica: minaccia per gli ecosistemi

Ne usiamo 129 miliardi al mese e impiegano 450 anni per degradarsi: rifiuti che diventano microplastica

© Jonathan Farber on Unsplash

Le mascherine abbandonate agli angoli delle strade sono una bomba ecologica pronta a esplodere. Studi recenti stimano che ne utilizziamo 129 miliardi a livello globale ogni mese, ovvero 3 milioni al minuto. La maggior parte sono usa e getta realizzate con microfibre di plastica, e impiegano 450 anni per decomporsi. Da questo dato se ne deduce che uno smaltimento non corretto può comportare un vero e proprio disastro ambientale.

Con l’aumento dei rapporti sullo smaltimento inappropriato di questi dispositivi di protezione, è urgente riconoscere questa potenziale minaccia ambientale e impedire che diventi il prossimo problema da dover affrontare relativo alla plastica.

L’avvenimento arriva da un commento sulla rivista Frontiers of Environmental Science & Engineering, degli studiosi della University of Southern Denmark. I ricercatori spiegano che le mascherine usa e getta sono prodotti in plastica che non possono essere rapidamente biodegradati ma invece frammentarsi in particelle di plastica più piccole, ovvero micro e nanoplastiche che si diffondono negli ecosistemi.

L’enorme produzione è simile a quella delle bottiglie di plastica, stimata in 43 miliardi al mese. Tuttavia, a differenza di queste ultime (di cui circa il 25% viene riciclato), non esistono linee guida ufficiali sul riciclo delle mascherine, il che rende più probabile che vengano smaltite come rifiuto solido. La preoccupazione più recente e maggiore riguarda la loro realizzazione con fibre di plastica microsize (spessore da 1 a 10 micrometri).

Quando si diffondono nell’ambiente, possono rilasciare più microplastiche, in maniera più facile e veloce delle plastiche sfuse come i sacchetti di plastica, un impatto che può essere aggravato da quelle di nuova generazione, le cosiddette nanomascherine.

I ricercatori sottolineano di non sapere come le mascherine contribuiscano al gran numero di particelle di plastica rilevate nell’ambiente, semplicemente perché non esistono dati. “Ma sappiamo- afferma Elvis Genbo Xu, autore dell’articolo- che, come altri detriti di plastica, possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche e biologiche nocive, come il bisfenolo A, metalli pesanti e microrganismi patogeni. Questi possono comportare impatti negativi indiretti su piante, animali e esseri umani”.

Tra i suggerimenti vi è quello si pensare a sistemi di conferimento specifici e standardizzati per le mascherine e di realizzarne di biodegradabili.

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