Moda poco sostenibile: ogni europeo butta 11 chili di vestiti all’anno

Uno studio della European Environment Agency fa il punto sugli impatti ambientali del settore tessile e sottolinea che ogni cittadino Ue consuma 26 chili di fibre l’anno

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Al quarto posto per sfruttamento di materie prime e acqua, al secondo per consumo di suolo e al quinto per emissioni: l’industria tessile si conferma tra le più inquinanti anche nel vecchio continente. È questo il quadro che emerge dal recente Rapporto della European Environment Agency sugli impatti legati alla produzione e consumo del settore.

L’industria tessile dà lavoro a milioni di persone in tutto il mondo e rappresenta una parte importante dell’industria manifatturiera europea. Tuttavia, la produzione e il consumo di prodotti tessili causano impatti ambientali, climatici e sociali significativi in quanto vengono utilizzate materie prime, acqua, terra e prodotti chimici che rilasciano gas serra inquinanti.

In Europa si consuma una gran quantità di fibre tessili: una media di 26 chili ogni anno pro capite, il triplo rispetto al 1975. Un consumo gonfiato dal calo del 30% dei prezzi registrato tra il 1996 e il 2018 trainato dal boom della fast fashion. 

Il 60% delle fibre prodotte sono sintetiche. Tra queste la più utilizzata è il poliestere, prodotto con un processo carbon intensive che richiede più di 70 milioni di barili di petrolio ogni anno per i tessuti utilizzati in Europa. Anche il cotone, la seconda fibra più utilizzata, richiede un impiego sostanzioso di acqua e terreno. Complessivamente la produzione del settore ha comportato nel 2017, per ogni cittadino europeo, il consumo di 1,3 tonnellate di materie prime, 104 metri cubi di acqua e l’emissione di 654 chili di CO2.

Tuttavia, dei 26 chili di fibre tessili consumati solo poco più di 7 sono prodotti in Europa: il resto viene importato, soprattutto dai Paesi asiatici. Il che vuol dire che la gran parte degli impatti legati alla produzione tessile europea sono esternalizzati. Avviene in altri Paesi il 92% dei consumi idrici, il 93% del consumo di suolo (in riferimento soprattutto alla coltivazione del cotone) e il 76% delle emissioni di gas serra.

Lo stesso vale per gli impatti legati all’utilizzo, durante la produzione, di circa 3.500 sostanze inquinanti, 750 delle quali classificate come pericolose per la salute umana e 440 pericolose per l’ambiente. Purtroppo il mercato tessile è ancora un sistema lineare, nel quale ben poco viene riutilizzato e riciclato. I dati circa i rifiuti tessili prodotti ogni anno sono allarmanti: ogni europeo butta via ben 11 chili di prodotti tessili, che spesso finiscono in discarica o negli inceneritori.

Negli ultimi anni è salita l’esportazione di abiti usati soprattutto verso i Paesi dell’est Europa, Asia e Africa ma non basta. Per ridurre emissioni e consumo di risorse del settore – conclude il report – è fondamentale implementare modelli di business circolari come leasing, condivisione, ritiro e rivendita supportandole con politiche efficaci riguardanti materiali, design, produzione, consumo, riutilizzo e riciclo.

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