I cambiamenti climatici stanno alterando le nostre foreste?

Le ondate di siccità e calore sempre più estreme causate dai cambiamenti climatici, stanno provocando in tutto il mondo un aumento dei fenomeni di deperimento e mortalità nelle foreste. Un incremento di eventi climatici estremi si è registrato soprattutto in area mediterranea. Da uno studio condotto su un popolamento artificiale di abete bianco nel comune di Savoia di Lucania (PZ), si evince come le piante mostrino una discreta resistenza agli eventi siccitosi e un buon recupero, ripristinando le performance di crescita pre-siccità.

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© Aurora Chiara Cortese - Area oggetto di studio - comune di Savoia di Lucania (PZ), località Grotta dell’Angelo

Lo studio del mio lavoro di tesi di Laurea Triennale in Scienze Forestali ed Ambientali ha preso in esame un bosco misto di conifere da rimboschimento di circa quarant’anni, prevalentemente costituito da abete bianco (Abies alba Miller) e pino marittimo (Pinus pinaster Aiton), sito in Basilicata, nel comune di Savoia di Lucania (PZ), in località “Grotta dell’Angelo”. Si è deciso di concentrare l’attenzione sull’abete bianco poiché è risultata essere la specie maggiormente presente nell’area oggetto di studio e poiché si è ipotizzato che avesse potuto risentire maggiormente dei periodi siccitosi e di stress idrico, trattandosi di un popolamento artificiale e trovandosi ai limiti del suo areale di distribuzione. L’abete bianco, inoltre, essendo una specie spiccatamente mesofila, esigente di umidità durante la stagione vegetativa e nei mesi estivi, potrebbe aver risentito in modo significativo della riduzione delle precipitazioni e della siccità estiva.

L’obiettivo è stato quello di valutare le risposte del popolamento alla siccità tramite l’analisi delle performance di crescita radiale (dunque tramite lo studio delle ampiezze degli anelli annuali di accrescimento), confrontate con i dati climatici (che coprono un periodo di nove anni, che va dal 2012 al 2021), e la stima della resilienza, definita in generale come la capacità di un ecosistema, di una comunità o di un individuo di riprendersi dopo un disturbo e di riacquistare la struttura e la funzione precedenti al disturbo (Scheffer et al., 2001; Folke et al., 2004).

Tramite il calcolo dell’incremento annuale di area basale (BAI) medio, espresso in cm²/anno, è stato possibile osservare la crescita delle piante di anno in anno, le quali hanno effettivamente mostrato una crescita minore durante il 2012 e il 2017 (gli anni più caldi e siccitosi del periodo di osservazione), a conferma del fatto che esse, durante questi periodi, hanno risentito delle condizioni climatiche più calde e secche. Successivamente, tramite il calcolo delle componenti di resilienza (resistenza, recupero e resilienza in sé) (Lloret et al., 2011) è stato possibile valutare la risposta delle piante agli eventi siccitosi del 2012 e del 2017 e, dunque, l’impatto che questi hanno avuto sul popolamento oggetto di studio, prendendo come riferimento un periodo precedente e successivo all’evento siccitoso della durata di 3 anni.

Sono stati applicati diversi indici (Lloret et al., 2011) per valutare le componenti della resilienza (Rt = resistenza, Rc = recupero e Rs = resilienza in sé) e l’impatto (I) inflitto dal disturbo, analizzando le prestazioni di crescita degli alberi prima e dopo periodi di bassa crescita.

© Aurora Chiara Cortese – Grafico a colonne degli indici di resistenza, recupero, resilienza e dell’impatto del popolamento analizzato in
risposta ai due anni siccitosi messi a confronto (2012 e 2017).

I risultati ottenuti hanno mostrato un’effettiva riduzione dell’accrescimento dell’abete bianco durante gli anni caldi e siccitosi 2012 e 2017, che rappresentano due eventi ravvicinati, di durata piuttosto breve ma con un’elevata intensità di stress idrico, soprattutto nel periodo estivo. Come si evince dal grafico, il popolamento ha comunque inaspettatamente mostrato una discreta resistenza ad entrambi gli eventi ed un buon recupero, soprattutto rispetto alla siccità del 2012 (Rc = 1.34), ripristinando le performance di crescita pre-siccità. Questo potrebbe essere dovuto alla giovane età degli alberi ed alla mescolanza con un’altra specie, in questo caso il pino marittimo (Pinus pinaster Aiton).

È stato possibile, inoltre, ipotizzare che gli abeti del popolamento oggetto di studio, trovandosi ai limiti del loro areale, possano aver messo in atto adattamenti xerofitici, tipici delle popolazioni meridionali, come è emerso anche da un’indagine dendroecologica condotta sull’abete bianco di Serra San Bruno (CZ) (Santini A., Martinelli N., 1991). L’impatto degli episodi siccitosi sul popolamento è stato maggiore nel 2017 (I = 0.30) rispetto al 2012 (I = 0.21), come si può vedere dal grafico. Gli impatti, tutto sommato bassi, corrispondono a resistenze abbastanza elevate (Rt = 0.79 nel 2012 e Rt = 0.70 nel 2017).

Rs ≥ 1 = alta resilienza

Rc > 1 = pieno recupero

Rt = 1 = resistenza completa

Complessivamente, lo studio ha mostrato come gli impatti di un evento siccitoso precedente (2012) e gli effetti cumulativi del passato, abbiano influito sulla risposta del popolamento a successivi eventi di disturbo (2017), in tal caso con conseguente riduzione di resistenza, recupero e resilienza. Le piante, infatti, potrebbero aver risentito di due eventi siccitosi così ravvicinati e di eventuali altri episodi di siccità e di stress idrico intercorsi tra i due eventi principali. In generale, è emersa l’esigenza da parte della conifera di estati umide e non eccessivamente calde.

Se è vero che le foreste mediterranee sembrano adattarsi meglio a periodi siccitosi stagionali e/o a regimi pluviometrici irregolari (Gazol et al., 2018a), è anche vero, però, che in futuro l’intensificarsi di tali fenomeni potrebbe impattare in maniera irreversibile sugli ecosistemi forestali (Gazol et al., 2018b). Alla luce dei futuri scenari che si stanno delineando, infatti, si rende sempre più necessario ed urgente migliorare la nostra comprensione dei processi che stanno alla base della resistenza alla siccità e della resilienza nelle specie arboree, per una gestione ed un monitoraggio delle foreste più efficaci e sostenibili.

Certamente questo lavoro è basato su un breve periodo di osservazione che non ha permesso di valutare l’impatto e gli effetti a lungo termine di più annate siccitose consecutive. In futuro, dunque, saranno necessari ulteriori studi ed approfondimenti di lungo termine per avere altri riscontri e per migliorare le conoscenze attuali.

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