Un piccolo gioiello si nasconde tra le campagne verdeggianti e le colline della Basilicata. Alle pendici del Monte Vulture, lì dove iniziano le ampie distese della Valle di Vitalba, sorge una villa di epoca romana, portata parzialmente alla luce da una serie di campagne di scavo, iniziata nel 2004 e interrotta nel 2012.
Essa è situata tra i comuni di Rionero e di Atella, in un’area particolarmente felice, caratterizzata da un paesaggio particolarmente favorevole all’insediamento umano e all’attività agricola, oltre all’abbondante presenza di acque minerali. Questo ha fatto pensare che non fosse improbabile che nell’area vi possa essere la presenza di una ulteriore villa romana, che a sua volta potrebbe essere in relazione visiva con molteplici insediamenti simili sparsi intorno.
Dalla primavera del 2019, un gruppo di ragazzi del Vulture ha deciso di costituire un comitato civico: il loro obiettivo è sensibilizzare le persone affinché si avvii una campagna di manutenzione e valorizzazione e, magari, si possa prevedere anche una ripresa degli scavi; infatti, l’area archeologica è certamente molto più estesa (80mt per 60mt), come dimostrato da una serie di telerilevamenti.
La storia della villa potrebbe riservare molte sorprese, in quanto presenta molte fasi di occupazione e può raccontare molti secoli del passato di questo territorio; notevoli sviluppi potrebbero emergere anche per il periodo tardoantico e, addirittura, in merito alla diffusione del Cristianesimo.
Una prima fase è riferibile al II secolo a.C., epoca in cui venne costruito un complesso termale, la cui datazione è stata possibile grazie a rinvenimenti monetali, tra i quali compare un denario di argento databile tra il 145 e il 150 a. C. Le terme sono formate da un calidarium, con pavimentazione in cocciopesto ornato da un mosaico policromo (ritrovato parzialmente), e da un tepidarium con fornace associata. A poca distanza era collocata una fontana, resa impermeabile con il cocciopesto e alimentata da fistulae di piombo; le pareti dell’ambiente erano decorate con intonaci dipinti policromi, dei quali sono rimasti numerosi frammenti. I resti di ceramica a vernice nera e a pasta grigia e delle lucerne fanno ipotizzare che la prima fase sia durata fino al I sec. d.C.
Nella seconda fase, tra il II e il III secolo d. C., le terme vennero ampliate, con l’aggiunta, nella parte meridionale, di un ulteriore complesso di bagni con calidarium e tepidarium. La scoperta di numerosi aghi crinali e frammenti di vasi in vetro ha spinto a ipotizzare una frequentazione femminile degli ambienti.
Abbandonate le terme, successivamente venne costruita una serie di strutture; particolarmente importante è un grande edificio absidato, forse una basilica cristiana, divisa in tre navate. Lo scavo ha finora messo in luce solo la parte connessa all’abside ed è pertanto prematuro trarre conclusioni definitive. Le strutture precedenti sono state riutilizzate e incorporate nella nuova costruzione. La grande vasca della fontana è stata utilizzata come cisterna e mantenuta in uso al di sotto del livello pavimentale dell’edificio absidato.
Accanto alla vasca, sempre sotto il livello di pavimentazione, è stata scoperta una tomba ad inumazione, con copertura alla cappuccina, il cui corredo era costituito da un unico vago di collana in vetro blu decorato a occhi di dado bianchi.
Il forno delle terme venne riadattato, in questa fase, come parte di un canale di drenaggio unito a una struttura munita di due canalette che, associate alla presenza di macine, testimoniano l’esistenza di un mulino ad acqua per la molitura del grano. Probabilmente l’intero complesso di edifici di questa fase venne distrutto da un incendio, come farebbe ipotizzare il rinvenimento di uno spesso strato di bruciato e di crolli. I frammenti ceramici e i rinvenimenti numismatici sono databili tra il IV e il V secolo d. C.
Successivamente vennero costruiti altre strutture relative a un piccolo ambiente quadrangolare e un altro edificio, che riutilizza parzialmente alcuni resti murari precedenti. Alla stessa epoca di queste ultime costruzioni dovrebbe risalire una piccola necropoli con 8 sepolture alla cappuccina databili tra V e VII secolo d. C. L’abbandono definitivo sembra essersi verificato nel VII secolo d.C.
Cosa possiamo fare per aiutare questo piccolo tesoro? Possiamo votare Torre degli Embrici nel decimo censimento dei Luoghi del Cuore FAI perché, attraverso la soglia minima di 2000 voti raggiunti, è possibile presentare un progetto di recupero, manutenzione o valorizzazione dell’area finanziabile dal FAI (clicca qui). Inoltre possiamo far conoscere questo patrimonio parlandone ad amici, ad appassionati e a tutti coloro che hanno a cuore la fantastica ricchezza culturale del nostro territorio.
Foto dal sito del FAI