Eolico offshore: parte il progetto di Taranto ma sarà già obsoleto

Dal Nord Europa a Taranto, continuano gli investimenti nei parchi costruiti in mare ma Italia la burocrazia penalizza l'efficacia

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Il primo parco eolico offshore del Mediterraneo sarà a Taranto e comincerà a produrre energia già da quest’anno. Bellissima notizia, se non fosse che la burocrazia italiana rallenta così tanto i progetti che quando il parco entrerà in funzione, sarà già obsoleto.

Offshore, che sta per “lontano dalla costa”, sta a indicare proprio i parchi eolici costruiti in mare aperto, dove il vento soffia molto più forte ed è possibile sfruttare al massimo questa energia pulita e rinnovabile. Inoltre, se sulla terraferma l’eolico crea un evidente impatto visivo e ambientale, in mare questo aspetto è totalmente trascurabile trovandosi le pale e le turbine fuori dalla portata dell’occhio umano.

L’eolico offshore in Europa: a braccetto con l’idrogeno verso il 2050

L’eolico flottante potrebbe essere il maggior alleato dell’idrogeno nel raggiungimento dell’obiettivo “zero emissioni” che l’Unione europea si è posta per il 2050. Ecco perché, soltanto nel 2019, sono stati inaugurati dieci parchi nel Vecchio Continente in cinque Paesi diversi. Tutti nei mari del Nord, con una capacità complessiva di 3,6 gigawatt (GW) di cui la metà nel Regno Unito. Qui, è stato costruito un parco off-shore esteso due volte la superficie di Milano.

Attualmente la capacità complessiva dell’Europa è di 22 GW. La strada verso la decarbonizzazione totale è ancora lunga, ma l’obiettivo sarà centrato se l’Ue seguirà scrupolosamente il piano del Green Deal, che prevede una capacità tra i 230 e i 450 GW di off-shore entro il 2050. I ritmi di crescita dovranno quindi essere serrati: 7 GW all’anno entro il 2030 e 18 GW all’anno entro il 2050.

Ma perché fino a ora i parchi flottanti europei si trovano solo nei mari del Nord? La risposta è molto semplice. Nel 2016 è nata la cooperazione energetica dei mari del Nord per portare avanti un cammino coordinato e alla pari. Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Regno Unito hanno messo insieme risorse e infrastrutture che hanno portato alle aperture di numerosi parchi.

In Italia un piccolo riscatto con Taranto, ma la strada è ancora lunga

L’Italia, nonostante qui si parli di eolico flottante fin dal 2010, è sempre rimasta un passo indietro. Quest’anno, invece, potrà riscattarsi con Taranto che aprirà il suo parco. Quello tarantino, in realtà, non sarà un vero e proprio offshore (a largo), ma più un nearshore (più vicino alla costa) composto da dieci turbine di proprietà di Renexia.

Come già detto prima, sarà già un parco obsoleto. Il progetto è in piedi dal 2008 e ha la valutazione sull’impatto ambientale ha ricevuto esito positivo soltanto nel 2012. Poi, Renexia si è dovuta scontrare con il Comune, la Regione e infine la Soprintendenza ai beni paesaggistici prima di poter avviare i lavori. Ecco perché il parco di Taranto è già indietro nonostante non abbia ancora iniziato a funzionare: il progetto originale non può essere modificato, a meno che non si voglia ricominciare da capo tutto l’iter burocratico. Ogni turbina avrà capacità di 3 megawatt, quelle attualmente prodotte invece arrivano anche a 10-15 megawatt.

In totale, l’Italia prevede di dotarsi di una capacità di 1000 megawatt di eolico offshore entro il 2030 e il PNIEC (piano nazionale integrato energia e clima) ha già “risolto” anche il problema di ancoraggio ai fondali profondi delle turbine. Queste ultime vengono agganciate a piattaforme rese stabili grazie a strutture sottomarine realizzate da Saipem (società di Eni), che sta pensando di utilizzarle anche per il solare.

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