Farm to Fork: calo della produzione e aumento dei costi

La filiera agroalimentare esercita un impatto significativamente negativo sull’ambiente ma subisce anche gli effetti di ciò che essa stessa contribuisce a provocare. Farm to Fork è la strategia di risposta dell’Unione Europea, la cui implementazione tuttavia non è a costo zero. Il prezzo da pagare potrebbe essere un rincaro sul costo della carne, la cui diminuzione in termini sia di produzione che di consumo potrebbe essere auspicabile anche per la nostra salute.

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© Piqsels

Filiera agroalimentare e ambiente

Discutere oggigiorno di sostenibilità ambientale tralasciando la filiera agroalimentare sarebbe impensabile ed irresponsabile, considerato l’impatto significativamente negativo che quest’ultima esercita sul clima, sull’impoverimento del suolo e della biodiversità, oltre che sull’uso di risorse scarse quali l’acqua e la terra (argomentato già ampiamente da FAO nel rapporto del 2006 “Livestock’s long shadow”).

L’analisi tuttavia si complica se si considera che l’agricoltura è sia parte attiva che passiva di molti degli sconvolgimenti ambientali a cui stiamo assistendo. Se da un lato essa infatti influenza i cambiamenti climatici, mediante il rilascio di gas serra nell’atmosfera per l’impiego di fertilizzanti organici, minerali azotati, produzione e spargimento di deiezioni animali, dall’altro lo subisce anche, dipendendo fortemente sia dalla qualità delle acque e del suolo, che dalle condizioni atmosferiche. Nondimeno, il settore agricolo concorre in larga misura alla generazione di energia rinnovabile con la produzione di biogas, rafforzando così il paradigma dell’economia circolare.

Gli effetti dell’agricoltura e dell’allevamento nell’Unione Europea

All’agricoltura, che occupa quasi il 40% del suolo europeo, sono imputabili il 12% delle emissioni di gas serra e il 94% di quelle di ammoniaca dell’UE, soprattutto in ragione dello stoccaggio di letame, dello spargimento di liquami e dell’immissione nei terreni di fertilizzanti azotati.  Inoltre, l’aumento delle emissioni di anidride carbonica dovute al diradamento del suolo per usi agricoli e forestali, rende l’Unione la seconda area di criticità mondiale, dopo l’Indonesia, per tale fenomeno (Fonte: Commission Staff Working Document Evaluation of the impact of the Common Agricultural Policy on Climate Change and Greenhouse Gas Emissions del 21 maggio 2021).

F2F: la risposta UE per una filiera agroalimentare più più sana e sostenibile

Approvata lo scorso 19 ottobre a larga maggioranza, la risoluzione non legislativa Farm to Fork (F2F) rappresenta l’articolata risposta dei policy makers comunitari alla necessità di attuare un sistema alimentare più rispettoso dell’ambiente, ma anche più sano ed equo per i consumatori e i produttori. F2F si propone in particolare di:

  • Generare un impatto ambientale neutro o positivo;
  • Contribuire a mitigare il cambiamento climatico e l’adattamento ai suoi impatti, invertendo la perdita di biodiversità;
  • Garantire la sicurezza alimentare, la nutrizione e la salute pubblica, assicurando a tutti un accesso al cibo che sia sufficiente, sicuro, nutriente e sostenibile;
  • Preservare l’accessibilità dei prodotti alimentari, generando ritorni economici più equi, promuovendo la competitività del settore dell’approvvigionamento dell’UE ed un commercio equo.

I punti salienti della strategia F2F

Al fine di raggiungere i Goals sopraelencati, la strategia Farm to Fork si declina in altri altri specifici sotto-obiettivi come:

  • Ridurre del 50% il rischio e l’uso dei pesticidi chimici entro il 2030, inclusi quelli più pericolosi;
  • Dimezzare l’eccesso di nutrienti, responsabili dell’inquinamento di aria, acqua e suolo, senza compromettere la fertilità del suolo;
  • Ridurre l’uso dei fertilizzanti di almeno il 20% entro il 2030;
  • Ridurre del 50% entro il 2030 le vendite di antimicrobici per animali d’allevamento e in acquacoltura, essendo la resistenza antimicrobica responsabile di circa 33.000 morti tra gli esseri umani nell’UE ogni anno;
  • Raggiungere il 25% del totale dei terreni agricoli in agricoltura biologica entro il 2030.

Tra gli altri punti legati all’orientamento verso un’alimentazione più sana e al benessere degli animali, sono citati inoltre:

  • L’attuazione di misure volte a ridurre il consumo di carne e di alimenti altamente trasformati, ricchi di sale, zuccheri e grassi;
  • Una maggiore cautela sull’apertura ai nuovi OGM;
  • L’eliminazione graduale degli allevamenti in gabbia;
  • La realizzazione di indicatori comuni e scientificamente validi relativi al benessere degli animali.
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Altre novità legata alla riduzione di gas ad effetto serra sono incluse nel pacchetto “Pronti per il 55% entro il 2030” (Fit for 55) che prevede il suggerimento di proposte legislative volte al contrasto delle emissioni derivanti dall’agricoltura e dal relativo uso del suolo, oltre a criteri rigorosi per la produzione di energia rinnovabile a partire dalla biomassa.

I possibili effetti di F2F e le critiche avanzate

Gli sforzi profusi dall’Unione Europea nell’arginare problematiche ambientali così serie e diffuse sono senz’altro lodevoli ma non certo esenti da critiche. Secondo quanto argomentato dai professori Henning e Witzke nel loro recente studio, qualora F2F raggiungesse gli obiettivi stabiliti, si ridurrebbe significativamente la produzione agricola, con un inevitabile aumento sia dei prezzi dei prodotti agroalimentari che dei volumi di importazione degli stessi nell’UE dai Paesi terzi.

Si parla nello specifico di una riduzione della disponibilità del 20% di carne bovina, del 6,3% di latte, del 21,4% di cereali e del 20% di semi oleosi. Gli aumenti di prezzo stimati secondo lo studio arriverebbero addirittura a toccare un +58% per la carne bovina, quasi +48% per quella suina e +36% per il latte crudo. I prodotti vegetali non sarebbero esenti dall’innalzamento dei prezzi, ma l’impatto su di essi sarebbe quantitativamente inferiore: +15% per i prodotti ortofrutticoli (comprese le colture permanenti e le uve), +18% per semi oleosi e +12,5% per cereali.

Verso un’alimentazione più green, più etica e salutare

Nonostante molti gruppi di interesse legati all’industria della carne, anche finanziando puntuali ricerche scientifiche, siano pronti a negarla, esiste una chiara correlazione tra il frequente consumo di carne (in particolare rossa, processata, molto cotta e abbrustolita) e l’esordio di patologie cancerogene. Così sostiene Fondazione Veronesi spingendosi ad affermare che “tre quarti di ciò che mangiamo complessivamente dovrebbe essere costituito da cibi vegetali”.

Consumare meno carne porta dunque ad una riduzione dell’impatto ambientale e a chiari benefici sul proprio stato di salute, a cui si aggiunge un contributo positivo al saldo commerciale dell’UE: oltre che la produzione e i consumi, calerebbe infatti anche la quota di carne importata dai Paesi terzi.

Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi, posto che i prodotti vegetali lo subirebbero in minor misura, non è forse proprio questo il prezzo da pagare per ovviare alle inevitabili esternalità negative generate dalle attività agricole?

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