Il caro energia, l’industria e la crisi climatica

Il caro energia è un problema per la competitività, ma è necessario considerare anche l’attività industriale tra le variabili che devono entrare a far parte di un piano complessivo per fronteggiare il cambiamento climatico.

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© jannonivergall on Pixabay

Caro energia, se ne sente parlare moltissimo in queste settimane. Da recenti studi, ad esempio dall’ultimo rapporto del Centro Studi di Confindustria, si evince come la produzione industriale italiana sia in forte calo. Una delle cause principali è proprio il caro energia. Solo l’elettricità ha avuto un aumento del +450% a dicembre 2021 su gennaio 2021, cioè in meno di 12 mesi.

Questo dato non deve però essere scollegato da un contesto di riferimento più ampio: anche l’attività industriale deve essere inserita tra le variabili che devono entrare a far parte di un piano complessivo per fronteggiare il cambiamento climatico. È infatti necessario tenere conto di tutte le attività umane che provocano emissioni di gas serra: alcune cose, come l’energia elettrica e le automobili, ricevono molte attenzioni, ma non sono che l’inizio. Le automobili, ad esempio, sono responsabili di meno della metà delle emissioni dovute ai trasporti, che rappresentano a loro volta “solo” il 14% delle emissioni mondiali. E potrebbe anche sorprendere un altro dato: la produzione dell’elettricità è responsabile “soltanto” di un quarto di tutte le emissioni. E, nonostante questo, ha un enorme impatto sulla competitività delle imprese: perché?

© EPA – Emissioni di gas serra per settore economico

Perché l’elettricità è estremamente conveniente e, i suoi due terzi, vengono ricavati da combustibili fossili che sono economicamente molto convenienti. Sono largamente reperibili e abbiamo sviluppato tecniche estremamente efficienti per estrarli e trasformarli in elettricità. Pensare di convertire l’intero sistema elettrico in fonti a zero emissioni innalzerebbe ulteriormente i prezzi medi. Quindi, stando così le cose, siamo in vicolo cieco: estraiamo l’elettricità da combustibili fossili perché è conveniente, nonostante questo il costo energetico è esploso, e se volessimo andare nella direzione delle zero emissioni il costo crescerebbe ulteriormente mettendo definitivamente in ginocchio il settore produttivo, senza pensare alle ricadute sociali.

Cosa fare? Proviamo a distinguere le tre fasi principali di emissione di gas serra nell’industria:
1) ne produciamo quando usiamo combustibili fossili per generare l’elettricità di cui le fabbriche hanno bisogno per funzionare;
2) ne produciamo quando li usiamo per generare il calore necessario a diversi processi produttivi, come la fusione del minerale di ferro per fare l’acciaio;
3) ne produciamo quando produciamo effettivamente questi materiali, con l’inevitabile rilascio di anidride carbonica nel procedimento per ottenere il cemento, ad esempio.

Infatti, sono proprio i processi industriali legati alla produzione di cemento, acciaio e plastica che costituiscono un ulteriore 21% di produzione di emissioni a livello globale. Pensare ad un piano per il clima senza parlare di questi tre prodotti industriali (che mi riservo di trattare in un successivo approfondimento) potrebbe essere solo un esercizio teorico.

Dovremmo dunque ipotizzare un cammino per azzerare, o perlomeno limitare drasticamente, le emissioni nell’attività industriale e immaginare una via di uscita di medio-lungo termine dalle difficoltà oggi causate dal caro energia. In estrema sintesi, provo ad elencarle:

  1. è necessario elettrificare tutti i procedimenti possibili nell’industria. E questo richiede molte innovazioni di carattere tecnologico;
  2. perché abbia senso il punto precedente, bisogna sempre di più ricavare l’energia elettrica da una fonte decarbonizzata-defossilizzata. Anche questo richiederà molte innovazioni su larga scala.
  3. è necessario assorbire le emissioni residue dei processi industriali con tecnologia già disponibili (anche se ancora in fase sperimentale). Altre innovazioni ancora;
  4. bisogna utilizzare materiali più efficienti. Innovazione.
© joakant on Pixabay

Nel 2005, quando lo scrittore D.F. Wallace fu chiamato a tenere un discorso ormai celebre ai laureandi del Kenyon College, iniziò così:

Ci sono due giovani pesci che nuotano uno accanto all’altro, e si imbattono in un pesce più vecchio che nuota in senso opposto e dice: “Buongiorno, ragazzi, com’è l’acqua?” E i due giovani pesci continuano a nuotare ancora un po’, e alla fine uno di loro si volta verso l’altro e fa: “Cosa diavolo è l’acqua?”

Wallace spiegò: “Il punto fondamentale della storia dei pesci è che le realtà più ovvie, ubique e importanti sono spesso quelle più difficili da vedere e di cui è più difficile parlare.”

Questo discorso vale anche per l’innovazione: è così pervasiva che può essere difficile cogliere tutti i modi in cui tocca la nostra vita. Ce ne accorgiamo solo quando manca: a cominciare dall’importo che vedremo sulle nostre bollette energetiche.

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