Al confine tra storia e ambiente: i “paesi fantasma”

Le ghost towns sono le mete dell’ecoturismo del futuro

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Negli ultimi anni si è registrata una crescente attenzione da parte dei turisti verso i “paesi fantasma”, luoghi di abbandono che potrebbero tornare a vivere.

In Italia l’ultimo censimento Istat ha registrato circa 6000 paesi completamente abbandonati; un patrimonio immenso, che colloca l’Italia tra le aree mediterranee con il numero più elevato di edifici e centri inabitati.

L’esperienza della visita in un paese fantasma è sicuramente emozionante e appagante: si può godere di un’immersione nella natura e di un contatto più  stretto con la cultura e la storia, ma senza rinunciare ad un pizzico di spirito d’avventura. 

Le ghost towns sono musei a cielo aperto la cui storia è spesso legata a abbandoni volontari o involontari per problemi ambientali dovuti a dissesti idrogeologici (alluvioni, frane, terremoti), in conseguenza al fenomeno di spopolamento per motivi politici o economici oppure a causa di epidemie. 

Immersi nella natura o abbarbicati sulla cima di una montagna o di un colle, questi paesi offrono al turista la possibilità di conoscere il patrimonio architettonico ed  artistico che custodiscono e la fruizione di paesaggi e panorami spettacolari. 

Passeggiare tra i ruderi  è un po’ come respirare il passato e le storie vissute. Si può osservare un ingresso e chiedersi quali segrete vite abbiano popolato quegli ambienti, quali fossero i loro pensieri, quali speranze e quali sogni abbiano dovuto lasciare nascosti tra una stanza e l’altra, tra un pavimento e un solaio. È emozionante notare la natura che si riappropria con forza, quasi prepotenza, dei suoi luoghi: fiori ed erbe si insinuano nelle crepe della pavimentazione stradale, creando dei nuovi tappeti naturali; piccole piante mettono radici sui muri o tra le pietre ammassate in crolli all’interno delle case.

Per raggiungere i paesi abbandonati è spesso necessario inerpicarsi su per colli e monti, attraversare pascoli e boschi. Il visitatore può assaporare il piacere dell’escursione attraverso magici paesaggi naturali; non è difficile poter scorgere rocce modellate dal tempo o poter ammirare le biodiversità della fauna e della flora. 

Natura e costruito sono gli ingredienti principali del viaggio. Un’occasione imperdibile anche per gli amanti della fotografia: sono innumerevoli gli scorci da immortalare, i dettagli suggestivi che a sorpresa possono balzare all’occhio persino negli edifici che apparentemente sembrano più insignificanti. Una finestra socchiusa, un chiodo rimasto ad attendere, un muro con l’intonaco scrostato, una vista panoramica sulla vallata: ricordi di un viaggio dell’anima alla scoperta del passato da incantare in una fotografia.

Girare per ghost towns è una forma di turismo sostenibile che richiama anche un gran numero di operatori turistici, attratti dalle potenzialità che derivano dalla creazione di strutture ricettive e dalla pianificazione di una attività di fruizione dei siti. 

Ai borghi completamente abbandonati e non ancora valorizzati si affiancano paesi dove guide turistiche accompagnano i visitatori lungo percorsi prestabiliti, fornendo notizie storiche e naturalistiche in merito al luogo; i percorsi sono arricchiti spesso da una variegata offerta enogastronomica. Recarsi in una ghost town può essere davvero un’esperienza globale e totalizzante. 

In molti casi i borghi vengono recuperati e rifunzionalizzati anche attraverso ambiziosi progetti ingegneristici. Un esempio recente e degno di essere citato è il concorso “Ghost Town Refuge”: architetti e progettisti sono invitati a immaginare un sistema diffuso di strutture ricettive all’interno delle rovine di Craco antica per permettere ai turisti di trascorrere alcuni giorni all’interno del borgo.

Da luoghi di abbandono a luoghi della rinascita: le ghost towns sono paesi che tornano in vita, continuando a raccontarci l’intima e meravigliosa avventura dell’uomo e dell’ambiente.

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