Pannolini usati, è italiano il primo impianto che li ricicla al 100%

In provincia di Treviso lo stabilimento di Fater Smart che trasforma pannolini e assorbenti igienici in materie prime. Ecco come fa e quali prodotti ricava

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@ Fater Smart

I pannolini usati si possono riciclare e diventeranno arredi urbani e molteplici altri oggetti di uso quotidiano: cartoni per imballaggi industriali e fertilizzante. Il processo tecnologico di riciclo è stato sviluppato da un’azienda interamente italiana, la Fater Smart, società parte del gruppo Fater Spa, la joint venture tra Procter & Gamble e gruppo Angelini che produce note marche di prodotti assorbenti.

L’impianto si trova in provincia di Treviso ed è il primo su scala industriale in grado di riciclare il 100% dei prodotti assorbenti usati (pannolini per bambini, per l’incontinenza e assorbenti igienici), trasformandoli in materie prime ad alto valore aggiunto come plastica, cellulosa e polimero super assorbente che potranno essere riutilizzati in nuovi processi produttivi.

Come funziona il processo di riciclo? La raccolta dei pannolini sporchi è il presupposto fondamentale del sistema di riciclo: in Italia, già 11 milioni di cittadini hanno accesso alla raccolta differenziata dei prodotti assorbenti per la persona usati. La raccolta viene effettuata dagli operatori specializzati attraverso il porta a porta, presso le strutture centralizzate come ospedali, case di riposo, asili nido oppure nei centri di raccolta comunali. Il materiale raccolto arriva presso l’impianto di riciclo pannolini, dove inizia il processo di recupero: dopo l’accumulo dei rifiuti nella porta d’accesso, avviene il loro stoccaggio e il trasporto verso le unità centrali della macchina.

Nella seconda fase viene eliminata la componente organica. All’interno dell’autoclave, grazie alla combinazione di vapore a pressione, i prodotti assorbenti usati vengono sterilizzati e i materiali costituenti vengono pre-separati. A seguire, dei nastri trasportano i prodotti nell’essiccatore, all’interno del quale vengono perfettamente asciugati. Questo processo consente l’abbattimento dei cattivi odori e l’eliminazione di tutti i potenziali agenti patogeni.

Nella fase finale, una batteria di separatori in serie, attraverso un sistema di cilindri rotanti, consente di separare e recuperare le materie prime seconde. Da ogni tonnellata di questi rifiuti si ottengono 150Kg di cellulosa, 75Kg di plastica e 75Kg di polimero super assorbente.

La cellulosa ha molteplici applicazioni che spaziano dall’utilizzo nelle cartiere fino alla produzione di tessuti nobili come la viscosa. Il polimero super assorbente può essere utilizzato nel settore florovivaistico, nella coibentazione di cavi elettrici e in altre applicazioni industriali. La plastica recuperata, infine, consente nuove produzioni di oggetti per molteplici ambiti, dalla casa alla scuola, dagli uffici alle aziende. In sintonia con i principi dell’economia circolare, ogni rifiuto torna a nuova vita, con nuovi impieghi produttivi.

I vantaggi ambientali ed economici sono evidenti: innanzitutto l’eliminazione dei prodotti assorbenti da discariche e inceneritori che evita emissioni equivalenti a quelle assorbite ogni anno da oltre 30 mila alberi. Se esteso a tutto il territorio nazionale, questo sistema industriale consentirebbe di ridurre le emissioni climalteranti prodotte ogni anno da oltre 100 mila automobili.

Inaugurato nel 2017, l’impianto trevigiano ha però cominciato ufficialmente a lavorare a livello industriale solo dopo la firma del decreto “end of waste” per il riciclo dei prodotti assorbenti per la persona, avvenuta a metà maggio.

In occasione della firma era stato affermato che grazie al decreto si potranno recuperare e non mandare a incenerimento o discarica 900 mila tonnellate l’anno di rifiuti. Di certo il primo impianto al mondo è stato ideato per trattare 10mila tonnellate di rifiuto in ingresso all’anno, che corrisponde alla produzione di circa un milione di abitanti.

La Fater Smart però non si ferma e punta ad estendere la sua tecnologia creando nuovi impianti, di dimensioni contenute, in più aree per evitare lunghi trasporti, costosi e impattanti dal punto di vista ambientale. Degli impianti a chilometro zero, quindi, che potranno essere realizzati grazie alla collaborazione con gli operatori del mondo dei rifiuti che operano a livello locale. L’azienda trevigiana, infatti, ha adottato un modello di business che prevede che lo sviluppo e la vendita di macchine per il riciclo dei pannolini, che permetteranno alla loro tecnologia di essere esportata in Italia e nel mondo.

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