La sesta estinzione di massa è iniziata ed è più veloce del previsto

Secondo un nuovo studio, la perdita di biodiversità sta accelerando a ritmi vertiginosi ed entro un ventennio potrebbe portare gravi conseguenze alla vita sul pianeta e alla salute dell'uomo

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© Rick L on Unsplash

La sesta estinzione di massa è già iniziata ma, contrariamente a quanto avvenuto in passato quando a determinarla era stata la natura, questa è la prima guidata dagli uomini. La perdita innaturale della biodiversità sta accelerando e, se continua così, il pianeta perderà vasti ecosistemi e i benefici che forniscono, tra cui acqua dolce, impollinazione e controllo dei parassiti e delle malattie.

Qualche giorno fa è arrivata un’altra cattiva notizia: stiamo correndo più velocemente verso il punto di collasso di quanto gli scienziati pensassero. La ricerca è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. Il tasso di estinzione tra le specie dei vertebrati terrestri è significativamente più alto rispetto alle stime precedenti e la finestra critica per prevenire le perdite di massa si chiuderà molto prima di quanto si pensasse in precedenza, tra 10 a 15 anni.

“Stiamo erodendo le capacità del pianeta di mantenere la vita umana e la vita in generale”, ha affermato Gerardo Ceballos, ecologo dell’Università Nazionale Autonoma del Messico e autore principale del nuovo studio.

L’attuale tasso di estinzioni supera di gran lunga quelli che si verificherebbero naturalmente, hanno scoperto il dott. Ceballos e i suoi colleghi. Gli scienziati conoscono 543 specie perse negli ultimi 100 anni, un conteggio che normalmente impiegherebbe 10.000 anni per accumularsi.

“In altre parole, ogni anno nel corso dell’ultimo secolo abbiamo perso lo stesso numero di specie tipicamente perse in 100 anni”, ha detto il dottor Ceballos. Se non cambia nulla, circa 500 altre specie di vertebrati terrestri si estingueranno probabilmente solo nei prossimi due decenni, portando perdite totali equivalenti a quelle che si sarebbero verificate naturalmente in 16.000 anni.

Per determinare quante specie sono sull’orlo dell’estinzione, il Dr. Ceballos e i coautori Paul Ehrlich, un biologo della conservazione presso la Stanford University, e Peter Raven, un ambientalista presso il Missouri Botanical Garden, hanno utilizzato i dati sulla popolazione per 29.400 specie di vertebrati terrestri compilato dall’Unione internazionale per la conservazione della natura. Di queste specie, il 515 – ovvero l’1,7 per cento – sono in grave pericolo, con meno di 1.000 individui rimasti. Circa la metà di queste specie, invece, comprende meno di 250 individui.

La perdita di alcune specie causerà probabilmente un effetto domino che minaccia interi ecosistemi e la sopravvivenza stessa del genere umano. Mentre continuiamo a invadere la natura e la fauna selvatica, il dottor Ceballos e i suoi colleghi avvertono circa i rischi a cui andremo incontro entro un paio di decenni, tra cui eventi più frequenti di nuove malattie e pandemie. Ma si avranno ripercussioni anche sull’economia e governi, che si troveranno a fronteggiare carestie, migrazioni di massa e un numero crescente di rifugiati.

Il dottor Caballos e i suoi colleghi rivolgono un appello ai governi mondiali affinché intervengano per fermare il commercio illegale di animali selvatici, privilegiando la sostenibilità e la lotta ai cambiamenti climatici piuttosto che il profitto.

I leader politici di tutto il mondo dovranno dunque mettere al primo posto l’ambiente, la tutela della biodiversità e la ridistribuzione delle risorse. Attraverso l’iniziativa globale Stop Ectinction, gli autori dello studio si rendono disponibili a fornire indicazioni utili per la creazione di nuovi accordi nazionali, nonché strumenti per educare e sensibilizzare la popolazione in merito alla crisi di estinzione in corso.

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