Stop a green claims e greenwashing: la sostenibilità arriva in tribunale

Tempi duri per chi fa greenwashing grazie al primo case history in giurisprudenza. È arrivata la prima ordinanza in Italia per punire una comunicazione ingannevole relativa ai prodotti green. Un cambio di passo che farà aumentare cause e sentenze ma anche migliorare la comunicazione della sostenibilità.

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© Ejaugsburg on Pixabay

Cosa si intende per green claim e greewashing

Una definizione di green claim e greenwashing è rinvenibile nel working paper denominato “Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali” pubblicato dalla Commissione Europea il 25 maggio 2016: “Le espressioni «asserzione ambientale» e «dichiarazione ecologica» si riferiscono alla pratica di suggerire o in altro modo dare l’impressione (nell’ambito di una comunicazione commerciale, del marketing o della pubblicità) che un prodotto o un servizio abbia un impatto positivo o sia privo di impatto sull’ambiente o sia meno dannoso per l’ambiente rispetto a prodotti o servizi concorrenti. Ciò può essere dovuto alla sua composizione, al modo in cui è fabbricato o prodotto, al modo in cui può essere smaltito o alla riduzione del consumo di energia o dell’inquinamento attesa dal suo impiego. Quando tali asserzioni non sono veritiere o non possono essere verificate, la pratica è di frequente definita «greenwashing», ovvero appropriazione indebita di virtù ambientaliste finalizzata alla creazione di un’immagine «verde». Il «greenwashing» può riguardare tutte le forme di pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori concernenti gli attributi ambientali dei prodotti o servizi. A seconda delle circostanze, tale pratica può comprendere tutti i tipi di affermazioni, informazioni, simboli, loghi, elementi grafici e marchi, nonché la loro interazione con i colori, impiegati sull’imballaggio, sull’etichetta, nella pubblicità, su tutti i media (compresi i siti Internet), da qualsiasi organizzazione che si qualifichi come «professionista» e ponga in essere pratiche commerciali nei confronti dei consumatori”.

Il caso Alcantara-Miko

Un’azienda da anni impegnata sul tema della sostenibilità ha chiamato in causa un competitor che usava falsi claims, aggiudicandosi una vittoria storica in tribunale tramite ordinanza cautelare.

Il caso è Alcantara vs Dinamica by Miko.

La punizione per questo comportamento sleale di greenwashing, assegnata a Dinamica by Miko, consiste nella diffusione capillare e diretta a tutti i contatti presenti e futuri (con tutti i mezzi digitali disponibili, inclusa la stampa) del testo dell’ordinanza stessa.

Ciò che emerge da questa ordinanza in modo inequivocabile riguarda in particolare le regole per la comunicazione in tema di sostenibilità tipiche e diverse da quelle della pubblicità tradizionale: è necessario che le dichiarazioni ambientali green siano corroborate sempre da dati scientifici, comprovati da enti certificatori esterni e devono bandire il generico; in altre parole devono essere “chiare, veritiere e accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.

Negli anni aumenteranno le istanze di questo tipo da parte dei cittadini e di aziende e i giudici anche sulla base di questa ordinanza avranno il ruolo fondamentale sui temi di tutela dell’ambiente ma anche contro pratiche scorrette in tema di sostenibilità sociale. Dall’ordinanza si desume la necessità per le aziende di provare scientificamente ciò che dichiara e comunica quando descrive le sue azioni di responsabilità sociale e le proprie virtù di sostenibilità socio-ambientale.

Il greenwashing e la tutela del consumatore

Dall’altro lato, emerge come i claims falsi in tema di ambiente danneggino tutti: i consumatori impedendone una scelta consapevole, le aziende sempre più attente all’ambiente danneggiate dal greenwashing inteso come forma di concorrenza sleale e il sistema finanziario poiché si rischia di orientare investimenti verso aziende non seriamente impegnate nella transizione ecologica.

L’ordinanza si fonda sul fatto che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”. La tutela del consumatore è richiamata nel provvedimento dai principi contenuti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Strumenti a difesa dei consumatori in Italia

In Italia, a tutela del consumatore e delle stesse aziende vige il controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha la possibilità di agire d’ufficio per punire i comportamenti scorretti sotto forma di pubblicità ingannevole e si concorrenza sleale; stesso controllo che è previsto a tutela delle società benefit così come previsto ai sensi della L. 208/2015, sua normativa istitutiva, all’art. 1 comma 384.

Vi è poi la possibilità di segnalare, anche in forma anonima, casi o potenziali pratiche di greenwashing attraverso una piattaforma partecipativa messa a disposizione dall’associazione no profit Save the Planet. L’associazione, infatti, come si legge sul loro sito web “ha costituito una commissione di appositi esperti che avranno il compito di vagliare e monitorare possibili azioni di comunicazioni scorrette verso i consumatori in termini di sostenibilità”. Sarà poi cura della “commissione valutare se ci saranno gli estremi per un procedimento, previa richiesta di eventuali integrazioni al segnalato, tutto con il massimo rigore scientifico”.

La sostenibilità che negli ultimi tempi è diventata un mainstream è sì un’opportunità di business ma occorre fare attenzione affinché non divenga solo “oggetto” di marketing e di una comunicazione troppo superficiale. Alla base di ciò che si comunica, non solo con i claims ma anche con i più diffusi strumenti quali il bilancio di sostenibilità, le DNF e i report di impatto, devono esserci misurazioni con dati oggettivi e metodi e standard scientificamente riconosciuti. Perché come ha dichiarato Elena Stoppioni, presidente di Save the Planet: “O la sostenibilità è misurabile oppure non è sostenibile”.

La tutela dei consumatori contro il greenwashing a livello europeo

Nel mese di gennaio, la Commissione europea e le autorità nazionali di tutela dei consumatori hanno pubblicato i risultati di uno screening sui siti web, ossia dell’indagine a tappeto effettuata ogni anno per individuare violazioni del diritto dell’UE in materia di tutela dei consumatori nei mercati online. Quest’anno, per la prima volta, l’indagine a tappeto si è concentrata sul “greenwashing“.

L’indagine a tappeto ha analizzato le affermazioni ecologiche online in vari settori economici, quali abbigliamento, cosmetici e elettrodomestici. Si è rilevando che:

  • in oltre la metà dei casi, il commerciante non aveva fornito ai consumatori informazioni sufficienti per valutare la veridicità dell’affermazione;
  • nel 37 % dei casi, l’affermazione conteneva formulazioni vaghe e generiche, come “cosciente”, “rispettoso dell’ambiente”, “sostenibile”, miranti a suscitare nei consumatori l’impressione, priva di fondamento, di un prodotto senza impatto negativo sull’ambiente;
  • inoltre, nel 59 % dei casi, il commerciante non aveva fornito elementi facilmente accessibili a sostegno delle sue affermazioni.

Nel complesso, tenendo conto di vari fattori, nel 42 % dei casi le autorità hanno avuto motivo di ritenere che l’affermazione potesse essere falsa o ingannevole e potesse potenzialmente configurare una pratica commerciale sleale a norma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Il “greenwashing” è aumentato, dato che un numero sempre maggiore di consumatori vuole acquistare prodotti rispettosi dell’ambiente.

Lo screening dei siti web incentrato sul “greenwashing” costituisce una delle numerose iniziative intraprese dalla Commissione per dotare i consumatori dei mezzi per compiere scelte più sostenibili. Tra le altre iniziative si possono citare il Green Consumption Pledge, l’impegno per consumi sostenibili, iniziativa lanciata dal Commissario Raynders il 25 gennaio 2021, e la proposta legislativa per rafforzare il ruolo dei consumatori nella transizione verde, che mira a garantire ai consumatori informazioni migliori sulla sostenibilità dei prodotti e una maggiore protezione contro determinate pratiche, quali il “greenwashing” e l’obsolescenza precoce. Seguirà una proposta legislativa sulla dimostrazione della veridicità delle affermazioni ecologiche basata sui metodi dell’impronta ambientale.

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