Eco-ansia: la paura cronica della rovina ambientale

I cambiamenti climatici, oltre a causare gravi problemi agli ecosistemi naturali, alle infrastrutture, alle abitazioni, alle imprese e ai mezzi di sostentamento, stanno avendo gravi impatti sulla salute mentale delle persone, sfociati negli ultimi anni in una nuova forma di malessere sociale che colpisce soprattutto i giovani: l’eco-ansia.

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© lechenie-narkomanii on Pixabay

I cambiamenti climatici, oltre a causare gravi problemi agli ecosistemi naturali, alle infrastrutture, alle abitazioni, alle imprese e ai mezzi di sostentamento, stanno avendo impatti (diretti e indiretti) sulla salute fisica e mentale delle persone. Susan Clayton, del Dipartimento di Psicologia del College di Wooster in Ohio, nel suo studio “Climate anxiety: Psychological responses to climate change” spiega come gli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici siano sicuramente quelli sulla salute fisica, che sarà sempre più minacciata dal caldo, dalla maggiore diffusione di malattie trasmesse dall’acqua e da vettori e dalla malnutrizione, che si aggiungono agli impatti provocati dai disastri naturali, dalla migrazione forzata e dai conflitti. Gli effetti sulla salute mentale, seppur meno evidenti, non sono comunque da trascurare, anzi, è stato osservato che le conseguenze fisiche delle catastrofi climatiche sono spesso molto inferiori rispetto a quelle psicologiche (Union of Concerned Scientists, 2010).

Negli ultimi decenni sono aumentate le ricerche che testimoniano l’impatto dei disastri naturali sulla salute mentale, mostrando un aumento dei livelli di PTSD (“Post Traumatic Stress Disorder” = disturbo da stress post-traumatico), depressione, ansia, abuso di sostanze e persino problemi di violenza domestica in seguito all’esperienza di tempeste, e un aumento dei tassi di suicidio e di ospedalizzazione per malattie mentali, correlato alle ondate di calore. Inoltre, si legge nello studio, si stanno conducendo diverse ricerche che proverebbero come anche la scarsa qualità dell’aria possa avere impatti (sia a breve che a lungo termine) sulla salute mentale. Al cambiamento climatico, infatti, si accompagnano livelli sempre più elevati di inquinamento atmosferico in quanto la combustione dei combustibili fossili tende a produrre inquinanti come particolato, ozono e carbonio che sono trattenuti dall’aria più calda. Diversi studi hanno trovato una correlazione tra il livello di particolato fine (PM 2.5) e il deterioramento cognitivo negli anziani o problemi comportamentali nei bambini.

Il senso di impotenza, angoscia, stress, paura e ansia provocato dai cambiamenti climatici e, in generale, dai disastri naturali, è sempre più diffuso, soprattutto nei giovani. Più di dieci anni fa, la rivista scientifica inglese The Lancet e l’Istituto per la salute globale della University College London hanno definito il cambiamento climatico “la più grande minaccia per la salute globale e, in particolare, per la salute mentale, del XXI secolo”. L’American Psychological Association (APA), in uno studio del 2017, ha definito l’eco-ansia (eco-anxiety) come “la paura cronica della rovina ambientale”, anche se nella letteratura scientifica le definizioni sono molteplici. Il termine “eco-ansia” è stato coniato dal filosofo ambientale australiano Glenn Albrecht, che la descrive come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare”. Questo disturbo, tuttavia, non è stato ancora inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5-TR) e dunque non viene riconosciuto come una condizione medico-psicologica, quanto piuttosto come una reazione comprensibile alla gravità della crisi ecologica, sebbene in molti casi l’eco-ansia sia così forte da richiedere comunque un supporto psicologico.

Ovviamente, questa condizione di disagio colpisce soprattutto chi vive sulla propria pelle la crisi climatica, come le persone che rimangono senza casa o sono costrette ad abbandonarla a causa di eventi meteorologici estremi, o che subiscono gli effetti dell’innalzamento del livello del mare, della siccità o di condizioni climatiche imprevedibili. Anche i naturalisti, gli scienziati del clima e tutti coloro che, per motivi personali e/o culturali, hanno più a cuore le questioni ambientali o si sentono in qualche modo legati al mondo naturale, tendono a soffrire maggiormente di eco-ansia. Tuttavia, diversi studi testimoniano come un numero sempre maggiore di persone stia sperimentando una sensazione di angoscia legata alla crisi ambientale globale anche senza subirne gli effetti, diretti o indiretti. Il solo fatto di venire a conoscenza delle conseguenze e degli effetti dei cambiamenti climatici tramite i media o altre fonti di informazione, infatti, può avere un impatto negativo sulla salute mentale, che si traduce solitamente in: stress, alienazione, depressione, ansia, senso di sopraffazione, attacchi di panico, insonnia, pensieri ossessivi, pulsioni suicide, aumento dell’aggressività e, in alcuni casi, nella possibilità di non voler avere figli in quanto non sarebbe etico a causa della futura qualità della vita.

Openpolis ha elaborato i dati di un’indagine del 2022 dell’Eurobarometro, calcolando la percentuale di persone che, per ogni fascia d’età, ha risposto “molto preoccupato” alla domanda: “Fino a che punto sei attualmente preoccupato o meno per ciascuno dei seguenti problemi per la tua vita e per quella dei tuoi cari? (cambiamento climatico)”. Dall’elaborazione dei dati è emerso che il 51% dei giovani europei tra i 15 e i 24 anni si dichiara molto preoccupato per il cambiamento climatico, contro il 45% nelle altre fasce d’età. Per l’Italia il divario generazionale è ancora più ampio in quanto quasi 2 ragazzi su 3 sono molto preoccupati per il clima, a fronte di una media del 53% nella popolazione complessiva.

Elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurobarometro
(pubblicati: martedì 17 Gennaio 2023)

Da un’indagine di Save the Children condotta tra maggio e agosto 2022, che ha coinvolto oltre 42.000 bambini e ragazzi di 15 Paesi (tra cui anche l’Italia), è emerso che 4 bambini su 5 affermano di essere testimoni del cambiamento climatico o della disuguaglianza sociale, o di entrambi. Ben l’84% di coloro che hanno risposto al questionario, inoltre, ha dichiarato di osservare un peggioramento nel benessere mentale di bambine, bambini e adolescenti in relazione ai cambiamenti climatici e alle disuguaglianze. In Italia, 3 giovani su 4 tra quanti hanno preso parte alla consultazione credono che i Paesi più ricchi siano quelli maggiormente responsabili e che gli Stati dovrebbero collaborare ed agire concretamente, aiutando le famiglie e i minori più poveri. In generale, è emersa la necessità da parte degli intervistati di essere aiutati nel capire questi problemi (37%), supportati con delle formazioni (34%) o con dei finanziamenti (32%) ed avere degli spazi sicuri per potersi incontrare (33%).

Diversi autori hanno rilevato fra i giovani un sentimento comune di apprensione per le sorti dei giovani di altri Paesi che stanno già subendo l’impatto diretto del disastro climatico (Burke et al., 2018). Per alcuni questa preoccupazione riguarda il loro stesso futuro, in riferimento alla diminuzione della biodiversità, all’aumento dell’inquinamento e, nei casi più estremi, alla fine del mondo e della vita sulla Terra (Huang H., Yore L., 2005). Parallelamente ai sentimenti di paura, rabbia, ansia, pessimismo, senso di colpa e disperazione, però, i giovani riescono a nutrire anche un sentimento di speranza rispetto ai cambiamenti climatici. Da due studi è emerso che la preoccupazione e la speranza sono positivamente correlate (Stevenson K., Peterson N., 2016) e che la fiducia nel futuro va di pari passo con l’azione (Ojala M., 2012a). Infatti, se da un lato l’eco-ansia può sfociare in un sentimento di impotenza e di paralisi verso l’immensità del problema ecologico (Wolf J., Moser S., 2011) e, talvolta, portare anche alla sua negazione (Albrecht et al., 2007), dall’altro può condurre all’azione, alla mobilitazione e, dunque, alla voglia di cambiare le proprie abitudini per aiutare il pianeta. Questo senso di ribellione è emerso soprattutto negli ultimi anni, in particolare grazie alle manifestazioni dell’attivista svedese Greta Thunberg che, con il suo slogan Skolstrejk för klimatet («Sciopero scolastico per il clima»), ha sensibilizzato milioni di persone in tutto il mondo sui temi del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile, dando vita al movimento studentesco internazionale Fridays for Future.

Sicuramente, i genitori hanno un ruolo fondamentale nell’educare i bambini di oggi, che saranno gli adulti di domani, a rispettare l’ambiente e ad adottare comportamenti virtuosi (come riciclare, ridurre i consumi ed acquistare prodotti sostenibili), che devono coinvolgere l’intera famiglia. Anche educatori ed insegnanti giocano un ruolo cruciale nell’educare, guidare, sensibilizzare ed ascoltare le emozioni dei loro studenti riguardo ai cambiamenti climatici, fornendo loro uno spazio adatto e sicuro per poter condividere apertamente le loro esperienze e i loro sentimenti. Naturalmente, una sana preoccupazione per le sorti del nostro Pianeta può aiutare a non rimanere indifferenti davanti al problema e a voler intraprendere azioni concrete per sentirsi parte attiva del cambiamento.

Chi pensa di soffrire di eco-ansia, innanzitutto deve tener presente che questa condizione di disagio e di malessere può essere controllata e gestita. I ricercatori concordano nell’affermare che azioni concrete come partecipare ad iniziative ecologiche, mettere in pratica piccole ma importanti azioni quotidiane, condividere le proprie preoccupazioni, informarsi correttamente e stare a contatto con la natura, possono sicuramente aiutare. Se ci si rende conto, però, che i sintomi associati all’ansia per i temi ambientali diventano un’ossessione e finiscono per paralizzare la vita quotidiana, è fondamentale parlarne con qualcuno (amici o familiari), ridurre l’esposizione mediatica durante la giornata e rivolgersi ad uno specialista (psicologo/psichiatra), come consiglia Giampaolo Perna, professore ordinario di Humanitas University e responsabile del Centro di Medicina Personalizzata sui Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X.

Essendo una forma di malessere emersa negli ultimi anni, l’eco-ansia è ancora oggetto di studio e di ricerche, ma è importante comprendere, normalizzare ed accettare le emozioni associate al clima ed al futuro del Pianeta, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e per non far sentire sole ed incomprese le persone che ne soffrono.

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