Monte Vulture, il vulcano dalla “parte sbagliata” dell’Italia

Il Monte Vulture, situato a nord della Basilicata, si staglia imponente sulla valle circostante e dà origine ai laghi vulcanici di Monticchio

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Il Monte Vulture è un apparato vulcanico pleistocenico localizzato nel nord della Basilicata e rappresenta con i suoi 1327 m s.l.m. il rilievo montuoso più elevato del settore sud-orientale dell’Appennino, nonché il vulcano più orientale dell’intera provincia magmatica italiana. Infatti la totalità dei vulcani italiani è localizzata lungo il settore peritirrenico della penisola, dove si realizzano condizioni di assottigliamento crostale tali da favorire la risalita di magma e fluidi profondi dal mantello terrestre; mentre il Vulture è posizionato al fronte del sistema catena-avanfossa-avampaese, in condizioni di forte ispessimento crostale, che sfavorirebbero la formazione di processi vulcanici alimentati dalla risalita di magma.

Per risolvere il dilemma, molti studi geofisici, strutturali e geochimici hanno consentito di ipotizzare, con un buon accordo tra i dati, che il Vulture sia posizionato in corrispondenza di un’importante faglia di “trasferimento” a scala regionale che taglia trasversalmente la penisola, lungo una direttrice che va da Paestum fino a Trinitapoli (anche se con una geometria piuttosto articolata); la cinematica trastensiva (scivolamento orizzontale con una componente distensiva) ipotizzata per questa struttura avrebbe permesso al di sotto dell’area del Vulture la messa in posto delle sorgenti magmatiche che hanno alimentato il vulcanismo; in aggiunta, recenti studi geochimici effettuati sulle numerose sorgenti termali ed emissioni gassose distribuite lungo questa faglia, hanno messo in evidenza l’origine mantellica dei gas, avvalorando l’ipotesi che questo lineamento tettonico sia una via preferenziale di risalita di fluidi profondi e di magma dal mantello.

I prodotti vulcanici eruttati dal Vulture sono costituiti principalmente da depositi piroclastici da flusso (nubi ardenti) e da caduta e, subordinatamente, da colate laviche, attestando una storia eruttiva complessa e prevalentemente esplosiva. La successione delle vulcaniti è stata suddivisa in due super-gruppi (Supersintema di Monte Vulture e di Monticchio), accorpando sia i prodotti eruttivi primari che i depositi epiclastici formatisi durante periodi di stasi vulcanica per opera degli agenti erosivi, evidenziando così una complessa sequenza degli eventi vulcanici intervallati da prolungati periodi di quiete (nell’ordine delle centinaia e migliaia di anni).

Numerose superfici erosive e strutture di origine fluviale sono ben visibili nei dintorni degli abitati di Rionero in Vulture e Barile, che troncano le sequenze di depositi primari per tutto l’apparato vulcanico. L’inizio dell’attività vulcanica è datata intorno ai 674 mila anni, nell’area di Foggianello ed il grosso dei prodotti sono stati eruttati da un cono centralizzato, raggruppati nel cosiddetto super-Sintema di Monte Vulture.

Le vulcaniti di questo gruppo rappresentano i depositi più volumetrici ed estesi di tutto l’edificio vulcanico. Di questi, i più recenti sono datati 557 mila anni, relativi al Haüynofiro di Melfi, che rappresenta un’altra peculiarità del Vulture, in quanto è costituito da un duomo lavico (collina su cui si erge il castello federiciano) eruttato in ambiente lacustre (lago Melfia) da un centro eruttivo secondario; le lave eruttate sono caratterizzate dall’abbondanza di un particolare minerale, l’Haüyna di colore blu e presente in certe condizioni solo in pochi vulcani al mondo. In generale, su quasi tutti i testi didattici ed accademici che trattano mineralogia sono riportate fotografie di lave ad Haüyna, provenienti da Melfi, i cui cristalli sono ben visibili anche ad occhio nudo (foto 2).

Foto 1-2 – Fenocristalli di Haüyna delle lave presso il Castello di Melfi (foto 1 in sezione sottile al microscopio; foto 2 Fenocristalli in un campione a mano; foto tratte da http://www.alexstrekeisen.it/vulc/hauynofiro.php)

Con l’evento di Melfi si pone fine alla prima macro-fase di attività eruttiva del Vulture, che riprenderà dopo un prolungato periodo di stasi, durante il quale processi erosivi hanno operato un significativo smantellamento delle vulcaniti.

L’attività eruttiva riprese con la formazione di diverse strutture crateriche decentrate rispetto all’edificio vulcanico centrale, in un paleo-paesaggio caratterizzato da limitati bacini lacustri, i cui depositi risultano coevi con quelli vulcanici. I prodotti di questa seconda fase eruttiva sono raggruppati nel supersintema di Monticchio che sono caratterizzati da una limitata dispersione e riconducibili a centri eruttivi secondari indipendenti, distribuiti sulle pendici dell’apparato ed in posizioni esterne ad esso.

In dettaglio, si tratta di due fasi vulcaniche durante le quali si sono formati diversi crateri (inclusi i maar dei laghi di Monticchio) disposti lungo un’importante faglia che ha determinato il collasso vulcano-tettonico del settore meridionale dell’edificio. Tale struttura, denominata Fosso del Corbo – Valle dei Grigi (FC – VG in mappa) ha condizionato la morfologia dell’area, l’attività eruttiva (caratterizzata da eventi esclusivamente esplosivi che hanno contribuito alla demolizione laterale della porzione occidentale e sud-occidentale dell’apparato vulcanico) e, in ultimo, la circolazione idrica sotterranea consentendo l’arricchimento delle acque sotterranee in gas e minerali, formando un bacino idrominerario sfruttato dai numerosi stabilimenti di imbottigliamento di acque, dislocati alle estremità di questo lineamento tettonico.

Mappa Idrogeologica del Vulture (Spilotro et al., 2006). FC – VG Faglia Fosso del Corbo – Valle dei Grigi

I prodotti vulcanici del supersintema di Monticchio sono costituiti da vari depositi che vanno da banchi di scorie da lancio  a surges piroclastici, prodotti da eruzioni freatomagmatiche (interazione di falde acquifere e magma) di medio-alta energia, con litici e xenoliti di origine profonda; a questi spesso si ritrovano associati strutture da impatto causate dal lancio balistico di bombe vulcaniche, come nei dintorni dei due maar dei Laghi di Monticchio, crateri associati alle ultime eruzione del vulcano.

Infine, a questa fase finale appartiene anche la messa in posto di carbonatiti, rare rocce vulcaniche originate da fusi magmatici a prevalente composizione carbonatica, che mettono in evidenza un processo di contaminazione del mantello (sorgente di magmi silicatici) con litologie carbonatiche, afferenti alla placca Apula subdotta al di sotto degli Appennini.

Le peculiarità geologiche in genere di questo vulcano sono ascrivibili alle particolari condizioni geodinamiche che si realizzano in questo settore degli Appennini ed in generale nel Mediterraneo, la comprensione delle quali è ancora parziale e rappresenta un obiettivo di ricerca importante sia dal punto di vista meramente accademico che da un punto di vista più pratico-applicativo.

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