Autobus a emissioni zero, l’Europa non investe abbastanza

Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi aprono la strada ai bus elettrici mentre l’Italia è agli ultimi posti per nuove immatricolazioni: lo studio di Transport & Environment

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C’è un comparto del trasporto pubblico su cui l’Europa viaggia a due velocità. Parliamo degli autobus a emissioni zero (elettrici o a idrogeno), una delle soluzioni pulite per il trasporto di massa. Il 14 gennaio l’organizzazione Transport & Environment ha pubblicato uno studio basato sulle immatricolazioni di nuovi e-bus nel 2019, dal quale è emersa una sofferenza in alcuni tra i principali Paesi europei: Francia (9,2%), Spagna (8,5%), Germania (6,3%).

L’Italia, con solo il 5,4% di nuovi e-bus entrati in servizio, è in fondo alla classifica, seguita solo da Grecia, Svizzera, Irlanda e Austria. Un dato ancora più preoccupante se si considera che il nostro Paese è tra i principali acquirenti di autobus in Europa: Italia, Polonia, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia acquistano il 70% degli autobus urbani europei, ma nel 2019 meno del 10% della nuova flotta era costituito da mezzi elettrici o a idrogeno.

Sul podio dei Paesi più virtuosi, ci sono invece Danimarca (78%), Lussemburgo (67%) e Paesi Bassi (66%) dove le immatricolazioni di nuovi autobus a basse emissioni sono decisamente alte, ma anche Svezia (26%), Norvegia (24%) e Finlandia (23%) ottengono buoni risultati.

“È davvero incomprensibile come, con oltre 200 miliardi in arrivo dall’Europa, la bozza di Recovery Plan approvata dal Consiglio dei Ministri preveda l’acquisto di circa cinque nuovi autobus di cui ben 2.700 a gas fossile, ovvero centinaia di milioni di euro sprecati in tecnologie obsolete”, ha dichiarato Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di Transport & Environment, che ha aggiunto: “I bus elettrici riducono l’inquinamento atmosferico, ci aiutano a combattere il cambiamento climatico, a ridurre il rumore e il costo totale d’esercizio”.

Certo la scelta di utilizzare progressivamente solo autobus elettrici non è per i Paesi esente da sfide. Si stima che il costo di investimento iniziale di un e-bus sia pari a circa il doppio rispetto ad un autobus diesel tradizionale. Inoltre la sostituzione del pacco di batterie, prevista dopo circa otto anni, richiede un ulteriore investimento intorno al 25% del costo iniziale. Tuttavia alcuni studi hanno calcolato che gli e-bus garantirebbero un risparmio a lungo termine pari a oltre il 10% rispetto agli autobus a diesel. Per questi motivi, secondo T&E, è probabile che sempre più città e regioni si rendano conto che i maggiori costi iniziali per l’acquisto di autobus elettrici saranno ampiamente compensati dai minori costi operativi.

Mentre però, rileva lo studio, l’80% degli investimenti tedeschi nel 2020 erano destinati ad autobus elettrici e la Polonia ha annunciato che nelle città con una popolazione di 100mila o più abitanti tutto il trasporto pubblico sarà elettrico entro il 2030, stanziando oltre 290 milioni di euro per sostenere questo obiettivo, l’Italia resta indietro.

Come ha spiegato Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente, “nel primo semestre del 2020 l’Italia ha messo in strada solo 170 nuovi bus, contro i 363 del primo semestre 2019, registrando un calo del 53% e diminuendo gli acquisti sulla mobilità pubblica in un momento in cui avere più mezzi era necessario per garantire il distanziamento. In seguito all’emergenza Covid”, ha proseguito Poggio, “sono stati estesi inoltre i contributi pubblici per l’acquisto di nuovi autobus, anche di quelli a metano o diesel, con il risultato che compriamo meno autobus dei grandi Paesi europei e gran parte dei quali ancora fortemente inquinanti”.

Transport & Environment ha pubblicato anche un rapporto che identifica cinque passaggi chiave per mettere in circolazione gli autobus elettrici, a partire dalla leadership politica e dal sostegno finanziario, passando alla progettazione, al monitoraggio delle tecnologie e a innovativi processi di approvvigionamento. I casi di studio italiani riguardano alcune città piemontesi (Asti, Cuneo, Alessandria e Torino) e la città di Milano. Torino e Milano, infatti, sono due delle quattro città italiane (insieme a Cagliari e Bergamo) che prevedono un trasporto pubblico locale a emissioni zero entro il 2030.

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