Trento è la città più green d’Italia secondo Ecosistema Urbano 2019

Trento, Mantova, Bolzano, Pordenone e Parma prime in classifica per performance ambientali nella ricerca di Legambiente, Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore

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Trento, Mantova, Bolzano, Pordenone e Parma sono le città in testa alla classifica di Ecosistema Urbano 2019, la ricerca di Legambiente, Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore sulle performance ambientali dei capoluoghi di provincia. Con qualche alto e basso, rappresentano da anni l’eccellenza: Trento sale dal quarto al primo posto, segue Mantova, ancora una volta il terzo posto è di Bolzano, poi Pordenone che sale dalla sesta alla quarta posizione e Parma che passa dalla seconda alla quinta.

Zumando su alcune città, si scopre un’Italia dinamica, attenta alle nuove scelte urbanistiche, ai servizi di mobilità, alla progressiva restituzione di vie e piazze ai cittadini, all’impegno contro lo spreco alimentare, alla crescita degli spazi naturali; ma una lettura d’insieme delle aree urbane restituisce emergenze, criticità e troppe performance ambientali scadenti o pessime, a cominciare dall’allarme smog o dal ciclo dei rifiuti.

Ecosistema Urbano 2019 è realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, con il patrocinio del Comune di Mantova, della Commissione europea, del ministero dell’Ambiente e di Anci e Agende 21 locali italiane, e il contributo di Ecomondo e Ideaplast. Sono stati esaminati oltre 30mila dati, valutati in base a 18 parametri che determinano la classifica delle performance ambientali.

Gli indicatori parlano anche quest’anno di un’Italia che si muove in maniera disomogenea. Nel complesso migliora, ma sono tante le città in allarme smog o incapaci di assicurare un corretto ciclo dei rifiuti, si amplia il divario tra chi produce progressi nel trasporto pubblico e chi ha mezzi pubblici non adeguati alle esigenze di mobilità delle persone, restano piene di magagne le reti idriche, talora veri e propri colabrodo che disperdono nel nulla quantità enormi di acqua potabile, ci sono qua e là incredibili falle nella depurazione dei reflui fognari, una drammatica insicurezza stradale che lascia sul campo migliaia di morti e decine di migliaia di feriti ogni anno.

Si fa fatica a capire come mai alcune criticità (il tasso di motorizzazione ad esempio e quello che ne consegue in termini di congestione, aria inquinata, rumore, consumo di risorse e produzione di gas serra) non vengano affrontate con la giusta determinazione e altre siano ampiamente sottovalutate (la lotta ai cambiamenti climatici, interventi rapidi di adattamento e per la resilienza).

Vivacità e propensione al cambiamento, oltre a caratterizzare le città in testa alla classifica, si trovano tuttavia anche in altri centri urbani, limitatamente ad ambiti specifici. Cercando una chiave di lettura sintetica dell’andamento delle performance ambientali delle città, bisogna abbandonare le solite coppie nord/sud, centri urbani grandi/piccoli o ricchi e poveri.

Nelle prime 20 posizioni si trovano, infatti, città grandi come Bologna, comuni del sud come Cosenza, capoluoghi non ai vertici delle classifiche del PIL come Oristano, a confermare che la regola che l’Italia del buon ecosistema urbano è principalmente l’Italia che fa bene e spende bene le sue risorse, che si evolve e pianifica le trasformazioni future.

Nelle ultime ventidue posizioni, si trovano alcuni grandi centri urbani: Napoli, Bari, Torino, Roma, Palermo, ciclicamente vittime di piccole-grandi emergenze, ora lo smog (Torino e Roma), ora i rifiuti (Napoli e Palermo, ma anche Roma), o l’acqua (Bari). Per non parlare dell’emergenza traffico che interessa più o meno tutti i grandi centri urbani d’Italia (Roma e Torino hanno ben più di 60 auto ogni 100 abitanti), aggravata nel caso della Capitale da un servizio di trasporto pubblico che pare condannato a una crisi senza fine.

In coda alla graduatoria si piazzano Vibo Valentia, Siracusa, Catania. Vibo Valentia non risponde a nessuna domanda da tre anni, Siracusa da un biennio. Catania, invece, terz’ultima, colleziona una serie di performance non esaltanti: perdite della rete idrica oltre il 45% (45,5% come lo scorso anno); una delle produzioni di rifiuti più alte in assoluto (733 kg/ab/anno), messa assieme con un anacronistico 7,7% di rifiuti raccolti in maniera differenziata e meno di venti centimetri quadrati di suolo a testa riservato a chi cammina.

“Guardando all’Italia di Ecosistema Urbano, che esamina oltre 30mila dati raccolti attraverso questionari inviati da Legambiente ai 104 comuni capoluogo – ha spiegato Mirko Laurenti, responsabile di Ecosistema Urbano di Legambiente – emerge un Paese fatto di grandi questioni urbane non risolte – traffico, smog, perdite di rete idrica, produzione rifiuti – ma anche un’Italia che cerca di reagire. Lo dicono in qualche caso i nostri numeri, continua a crescere e a diffondersi, anche al Sud, ad esempio, la raccolta differenziata dei rifiuti, ma lo si vede più spesso analizzando le buone pratiche urbane. La sfida è proiettare le nostre città nel futuro, ragionandone a livello complessivo per costruire realtà sostenibili, funzionali e funzionanti. Bisogna considerare la civitas con l’uomo e l’ambiente al centro per innescare in modo strutturale quei cambiamenti capaci di guardare al futuro e che oggi si vedono solo a macchia di leopardo, spesso per iniziative di singoli cittadini, comitati o associazioni”.

I numeri

Qualità dell’aria: meno della metà delle città rispettano tutti i limiti di legge. Dati sulle Pm10 in netto miglioramento. Solo a Torino e Ragusa almeno una centralina ha un valore medio annuo che oltrepassa il limite per la protezione della salute umana di 40 μg/mc. Scendono da 16 a 11 le città dove il valore medio delle concentrazioni di biossido di azoto è superiore al limite di legge. Per l’ozono: passano da 63 a 53 le città dove il valore medio delle centraline supera la soglia di protezione della salute umana (erano però 38 nel 2016).

Rifiuti: quasi al 55% la media della raccolta differenziata. Ferrara, Treviso, Mantova, Pordenone, Parma e Trento oltre l’80%. La percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani è in costante miglioramento, l’obiettivo di legge del 65% fissato per il 2012 è stato raggiunto da 38 città, mentre la soglia del 35%, prevista per il 2006, non è stata ancora raggiunta da 18 comuni. Torna però a crescere la produzione di rifiuti, con una media di 537 kg pro capite.

Rete idrica: oltre il 36% dell’acqua potabile non arriva ai rubinetti. In 18 città la metà dell’acqua immessa nelle condutture viene dispersa e cresce il numero di città dove più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa. Solo Pordenone, Mantova, Lodi, Monza e Macerata riescono a contenere le perdite entro il 15%.

Trasporto pubblico: Milano, Brescia, Pavia sono le città dove prendere il bus è più facile. Migliora complessivamente, seppur di poco, il servizio di trasporto pubblico. Il tasso di motorizzazione dei capoluoghi italiani, invece, sale in un anno da 63,3 auto ogni 100 abitanti a 63,9. Tra i grandi centri urbani fa eccezione Milano, in lieve decremento.

Mobilità attiva: Lucca e Venezia le migliori a piedi, Reggio Emilia regina per le bici con 43 metri equivalenti ogni 100 abitanti di percorsi ciclabili, seguita da Mantova. Cresce l’estensione media delle isole pedonali: 0,47 m2 per abitante (era 0,45 lo scorso anno).

Fonti rinnovabili: coprono il 100% del fabbisogno elettrico delle famiglie in 27 capoluoghi (secondo un calcolo basato sulla produzione stimata delle diverse tecnologie presenti nei territori rispetto ai consumi medi delle famiglie italiane). 90 capoluoghi hanno almeno un impianto solare termico o fotovoltaico sugli edifici pubblici. 73 città hanno impianti solari termici, per 23.428 metri quadrati complessivi di pannelli e sempre 73 capoluoghi presentano impianti solari fotovoltaici per complessivi 76,8 MW.

Al termine della presentazione del rapporto, sono state premiate le Buone Pratiche di Ecosistema Urbano 2019. Tra le 31 esperienze selezionate in tutta Italia, si evidenziano quelle di capoluoghi come Catania, Pescara, Bari e Palermo, che pur non ottenendo risultati ottimali nel dossier, hanno saputo portare avanti singole iniziative di qualità.

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