Dossier Pandemia e sfide green: un percorso per un futuro sostenibile

Il coronavirus può essere l'occasione per ripensare a un futuro più green e mettere in discussione modelli di consumo, il rapporto uomo cibo, stili di vita, e affrontare alcune sfide come l'economia circolare, i rifiuti, il clima, la mobilità sostenibile

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La pandemia da coronavirus sta sconvolgendo abitudini e modi di vivere. Questo periodo così difficile può essere un’occasione per ripensare i nostri stili di vita, per provare a capire meglio le sfide del nostro tempo e imparare alcune lezioni. La pandemia sta mettendo in discussione anche modelli di consumo e di gestione dei rifiuti e causando una riduzione delle emissioni di gas serra, del traffico e dell’inquinamento. Economia circolare, decarbonizzazione e mobilità sostenibile: cosa dobbiamo e possiamo fare per sostenere queste grandi sfide green durante e dopo la pandemia? La pandemia apre anche una riflessione su come ripensare le abitazioni, gli spazi intermedi (terrazzi, balconi, giardini condominiali ecc), le città per vincere le sfide delle green city.

Questi temi sono affrontati dal Dossier “Pandemia e sfide green del nostro tempo” presentato il 9 aprile, a un mese dall’inizio delle misure di distanziamento sociale, in web conference dal Green City Network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in partnership con Ecomondo – Key Energy.

“Durante questa pandemia i consumi sono calati, l’attenzione sui consumi alimentari è cresciuta – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente ASviS – ma dopo si tornerà al punto di partenza precedente, come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo? Di quanto siano importanti e delicati i consumi alimentari, caratterizzati da alti sprechi e alti impatti e come la quantità di materiali che consumiamo sia enormemente cresciuta e ormai insostenibile”.

La severa lezione impartita da questo drammatico avvenimento deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo e cibo, a partire proprio dalle città che nel 2050 ospiteranno il 70% della popolazione mondiale. È l’occasione per realizzare una analisi attenta delle diverse criticità determinate da alcuni modelli di produzione agricola e zootecnica – che sono divenuti progressivamente dominanti – e da imprevidenti distorsioni dei comportamenti alimentari, che negli ultimi anni hanno pericolosamente incrementato la loro incisività.

“Stiamo avendo difficoltà nella gestione dei rifiuti e nel riciclo – prosegue Ronchi – Le emissioni di gas serra stanno calando, ma non dobbiamo trascurare la crisi climatica e le misure di decarbonizzazione perché dopo la crisi le emissioni torneranno a crescere se non si cambia. Il traffico in città è crollato, ma dopo riprenderà come prima o possiamo riflettere su come rendere la nostra mobilità nelle città meno inquinante e meno congestionata?”

Il Dossier richiama, inoltre, la necessità di contenere i danni generati da questa pandemia al sistema di raccolta differenziata e di riciclo. Inoltre, il crollo dei consumi energetici nelle attività produttive, industria e servizi, e nel trasporto sta generando una riduzione delle emissioni di CO2 nel breve periodo. La riduzione delle emissioni che stiamo registrando durante la pandemia da coronavirus prevedibilmente non durerà dopo la crisi e non dovrebbe portare a sottovalutare l’impegno necessario e di lungo termine per contrastare il riscaldamento globale.

Le città sono praticamente prive di traffico da quando il coronavirus ha costretto tutti a restare a casa.Per evitare che a crisi finita si ritorni al traffico congestionato e inquinante delle nostre città si deve approfittare per aprire una riflessione sul modello di mobilità urbana e su come cambiarlo quando il coronavirus se ne sarà andato. Il dossier indica anche buone pratiche green per rendere più sostenibile la mobilità nelle città, per ridurre gli spostamenti non necessari, per ridurre l’uso dell’auto nelle città e per promuovere l’uso di mezzi più ecologici.

Nella seconda parte del Dossier si avanzano alcune riflessioni e analisi che partono dal come è cambiato l’utilizzo degli spazi nelle abitazioni durante questa pandemia per pensare a come questi cambiamenti possono influire sulla nostra visione e progettazione dell’Abitare anche dopo la pandemia. Gli spazi attrezzati per lo smartworking all’interno dell’abitazione, l’abitazione concepita non più come solo dormitorio, ma anche luogo di lavoro, di studio e di cultura, di svago e di socialità.

“Probabilmente, anche attenuata o passata l’emergenza – ha detto Fabrizio Tucci, Professore ordinario della Sapienza Università di Roma e Coordinatore del Gruppo internazionale degli esperti del Green City Network – rimarrà intaccato e mutato nella sua natura e nelle sue modalità il modo di vivere ed “abitare”.  Potremmo vivere questo incredibile periodo di forzata sperimentazione collettiva come occasione da cogliere per decidere di produrre nuove forme e nuovi spazi dell’Abitare, migliori per la collettività, più giusti e più inclusivi per le fasce più deboli, e più in linea con gli obiettivi propri di quello che definiamo green city approach”.

La pandemia ha insegnato l’importanza di balconi, terrazzi, cortili e giardini anche condominiali, tutti gli spazi intermedi in generale che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, con il green building approach. L’ emergenza coronavirus ha fatto anche ripensare all’importanza dello spazio urbano, ad una struttura urbanistica che assicuri prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative, così da ridurre gli spostamenti da una zona all’altra della città e i pendolarismi.

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