Vacanze outdoor per l’estate 2020 tra voglia di natura e sicurezza

L'indagine di Pitchup.com rivela come si stranno preparando i gestori di attività outdoor per accogliere i loro ospiti garantendo esperienze di relax nel rispetto delle norme anti-Covid

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Si chiama staycation ed è un termine coniato negli Stati Uniti per indicare una vacanza in un luogo vicino a casa. Niente aerei o treni per destinazioni lontane: questo nuovo modello di vacanza è il nuovo trend post lockdown, insieme alla tendenza a preferire vacanze in luoghi isolati e poco frequentati, dove la natura e l’aria siano incontaminate (dopo mesi di isolamento in casa respirare l’aria aperta è il primo pensiero) e dove possa essere mantenuto il social distancing.

Un trend emergente confermato dai dati di traffico registrati tra inizio marzo e inizio maggio dal portale Pitchup.com, piattaforma di instant booking per le vacanze outdoor leader in Europa, che propone oltre 4200 strutture in 65 Paesi (dalle spartane piazzole per tende alle lussuose yurte o case sull’albero con servizi privati). I gestori di strutture outdoor del nostro Paese sembrano aver fiutato l’opportunità: da metà marzo a metà aprile, infatti, l’Italia è il Paese che ha fatto registrare il numero più alto di richieste di nuove adesioni al network di Pitchup: più 138% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Ma come si stanno preparando all’estate 2020 i gestori di camping italiani? Quali sono le loro preoccupazioni e speranze? Pitchup glielo ha chiesto direttamente, mediante un’indagine condotta tra il 28 maggio e il 7 giugno.

La maggior parte dei gestori intervistati crede che le persone privilegeranno vacanze all’aria aperta (88,6%), vicino a casa (32,1%) e, dato importante, in strutture meno care quali i camping (22,1%). Il 79,3% dei gestori di camping, inoltre, crede che la situazione post lockdown avvicinerà alle vacanze outdoor persone che mai le avevano valutate. Ciononostante, la maggioranza dei gestori (61,4%) non ha previsto campagne di promozione per sfruttare il fenomeno staycation, chiaramente per l’attuale incertezza economica.

Il 70,7% del campione ha riaperto la propria struttura a giugno. C’è però anche un 2,1% che dichiara che per quest’anno non riaprirà. In ogni caso, il grosso delle prenotazioni ricevute è per agosto (57,9%), con però un 18,6% che dichiara di non aver ricevuto ancora alcuna prenotazione.

La maggior parte delle domande delle persone che hanno contattato i camping riguarda le date di riapertura (78,6%), seguite da informazioni sulle misure di sicurezza e sanificazione (56,4%), sulla possibilità di modificare o cancellare la prenotazione senza costi (55,7%) e sull’applicazione di sconti (20%).

Le strutture outdoor preferite post lockdown – Per quanto riguarda le strutture che stanno ricevendo il maggior numero di richieste di prenotazione, al primo posto – come prevedibile – vi sono chalet, bungalow, pod e capanne (44,3%), che consentono un maggior distanziamento sociale e spesso sono dotate di servizi privati; seguono le piazzole per camper e roulotte (37,9%). Gli spazi per tende private stanno invece raccogliendo meno del 9% delle prenotazioni.

Per quanto riguarda la sicurezza, possiamo stare più che tranquilli scegliendo una vacanza outdoor: il 79,3% dei gestori dichiara di avere adottato in modo completo la normativa prevista dal Ministero della Salute, con un rilevante 59,3% che ha previsto misure aggiuntive per la sicurezza di clienti e dipendenti, come ad esempio la riduzione del numero di ospiti accolti (dichiarato dal 32,1% degli intervistati).

Le vacanze sotto le stelle, però, non saranno quelle di sempre, con falò, musica, danze e giochi sulla spiaggia: ben il 35,7% dei camping non consentirà infatti questo tipo di attività.

L’impatto economico della pandemia – I gestori di camping mostrano un qualche ottimismo sulla ripresa: il 32,1% prevede un’occupazione tra il 50% e il 75% rispetto agli scorsi anni; c’è però un 60,7% che teme che il dato sarà inferiore al 50%. Quasi tutti dichiarano che molto dipenderà dagli arrivi dall’estero.

La riduzione delle prenotazioni avrà un impatto anche sull’occupazione: con il 33,6% che dichiara che impiegherà tra il 50% e il 75% degli addetti e un 25,7% che prevede di impiegarne meno della metà. Solo il 31,4% degli intervistati non prevede riduzioni dello staff. Ciò che più preoccupa i gestori è la ridotta affluenza di turisti (72,9%), unita all’impatto economico dei costi fissi, che comunque non sono eliminabili (60%), e alla capacità di attuare in modo corretto le misure di sicurezza (42,9%). Il 36,4% si dice inoltre preoccupato per la sicurezza dei propri dipendenti.

Tutto ciò avrà un inevitabile impatto anche sull’economia locale, considerando che il 73,6% degli intervistati dichiara che la propria struttura ha un peso tra medio e alto sull’economia della zona.

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