Prato Urban Jungle, architettura green e aree verdi nel progetto di Boeri

Il progetto prevede uno stretto connubio tra architettura e verde urbano, dando una nuova vita sostenibile ai quartieri e agli edifici di Prato

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© Stefano Boeri Architetti

Riprogettare le aree urbane ad alta densità abitativa e rigenerare aree urbane in disuso in chiave green: è questo l’obiettivo di “Prato Urban Jungle”, il progetto di recupero architettonico green nato dall’idea dell’architetto Stefano Boeri e del professor Stefano Mancuso, presentato pochi giorni fa a Prato.

L’idea è quella di dare una vita nuova e diversa ai quartieri e agli edifici della città di Prato. Il recupero delle strutture urbane inutilizzate è sicuramente uno dei punti forti del progetto: vecchi capannoni industriali, edifici storici o, in ogni caso, relitti urbani, che fanno parte del tessuto architettonico e del patrimonio storico della città, verranno ripristinati e rifunzionalizzati. La rifunzionalizzazione è nota agli uomini dalla notte dei tempi ed è il modo migliore per recuperare quanto già esistente e parte del nostro ambiente, evitando di estendere la nostra distruttiva voglia di costruire su un raggio più ampio, con la conseguenza di sottrarre nuove superfici al verde e alla natura.

Recuperare e rifunzionalizzare dovrebbe diventare un obiettivo comune, che si tratti di relitti di tipo industriale o di quartieri storici in disuso. In un’ottica ecosostenibile la città oggi dovrebbe concentrarsi su quanto ha già a disposizione, prima di scegliere nuovi lotti da colonizzare.

L’altro obiettivo del progetto è quello di creare dei veri e propri hub verdi che diventino luogo di incontro e di fruizione ambientale per i cittadini; gli alberi, già molto presenti nella città di Prato (si parla di oltre 29000 alberi di proprietà pubblica nei viali, nei parchi e lungo le strade), miglioreranno la qualità dell’aria e della vita e ripristineranno le proprietà del suolo. Il progetto prevede uno stretto connubio tra architettura e verde: infatti le aree verdi saranno parte integrante della struttura urbana.

La prima giungla urbana riguarderà l’edificio ESTRA e l’area circostante; la zona è stata scelta in quanto interessata da una forte presenza di traffico. Il secondo punto scelto è un settore urbano ad alta densità di popolazione: gli alloggi sociali con le annesse problematiche di marginalità ne fanno un buon luogo di sperimentazione. Migliorare le condizioni di vita in queste aree ha il fine anche di migliorare la coesione sociale. Inoltre, la gestione delle aree verdi da parte della comunità consentirà di infondere nei cittadini una maggiore consapevolezza nei confronti del patrimonio ecologico, educandoli ad un maggiore rispetto nei confronti dell’ambiente.

In ultimo, una giungla urbana interesserà un edificio del quartiere storico della città; l’area è stata scelta perché presenta moltissimi spazi non utilizzati ed è già in corso per questa zona un progetto di riqualificazione urbana.

© Stefano Boeri Architetti

Le tre giungle urbane avranno anche la funzione di migliorare il microclima, fornendo ombra e mitigando l’azione dei raggi solari. Le aree scelte, quindi, presenteranno dei bellissimi boschi verticali immersi in altrettanto verde. Del resto è un sapere che abbiamo perso nel tempo quello di saper far convivere l’edilizia con la natura; i giardini e viridari dell’antica Roma ne sono un esempio perfetto, ma non di certo l’unico possibile.

“Prato Urban Jungle” è un progetto ambizioso e interessante che mira ad una pianificazione urbanistica ecosostenibile. La sfida green è di certo complicata e di difficile soluzione, motivo per cui bisognerebbe accogliere favorevolmente questi progetti in cui si riesce a coniugare in modo equilibrato la svolta ecologica con quanto già strutturalmente esistente.

L’augurio è che questo progetto, come i molti altri già avviati, sia un esempio e uno sprone per un’attenta riflessione sul futuro e sull’architettura ecosostenibile; ripensare la pianificazione urbana delle nostre città è sicuramente un modo per recuperare un rapporto ottimale con l’ambiente e per dare una svolta ecocompatibile al nostro “dominio” sullo spazio che ci circonda. Non dovrebbe essere “dominio”, appunto, ma convivenza e coesistenza.

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