Energia geotermica: un’opportunità per un futuro sostenibile

La crisi climatica, la “sete” energetica sempre crescente e la transizione ecologica impongono ad un Paese geotermicamente caldo come l’Italia una massiva ripresa degli studi e dei progetti di sfruttamento dell’energia geotermica, dando più risalto alle nostre eccellenze mondiali di settore e cercando di ottenere l’indipendenza energetica o comunque una minore dipendenza dalle risorse fossili extra-nazionali.

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© Wikilmages on Pixabay - Centrale Geotermica a Nesjavellir in Islanda

L’energia geotermica rappresenta una possibile fonte di approvvigionamento energetico che sfrutta il calore interno del pianeta Terra e costituisce, in determinate condizioni geologiche, una valida alternativa ai combustibili fossili. In generale e soprattutto in Italia, quando si parla di energie rinnovabili e di sostenibilità si pensa quasi esclusivamente ad eolico, solare e biomassa; la geotermia invece sembra non essere mai considerata una valida alternativa (anche se non l’unica) in un piano di politica energetica nazionale.

Eppure proprio in Italia, precisamente a Larderello (Pisa), furono messe a punto le pionieristiche tecnologie che consentirono di produrre energia elettrica dal vapore geotermico (1904) e nel 1911 venne costruita la prima centrale geotermica del mondo, in grado di generare su scala industriale energia elettrica, che all’epoca alimentava non solo la località di Larderello in Toscana, ma anche l’intera città di Volterra. La Toscana è la regione che rappresenta la geotermia non solo italiana ma europea, ospitando oggi il più grande impianto termoelettrico continentale a Larderello, oltre ad una trentina di altri impianti tra le province di Siena, Pisa e Grosseto. Inoltre, in Italia è presente una filiera industriale di settore all’avanguardia nel mondo, che lavora quasi esclusivamente per progetti di ricerca e sfruttamento di questa fonte energetica all’estero.

Quali sono le caratteristiche di un sistema geotermico?

Condizione necessaria perché in un territorio si possa sfruttare il calore geotermico è l’assetto geologico strutturale: in generale, il pianeta rilascia calore ininterrottamente dal suo interno (nucleo) verso l’esterno ed in base alle differenti strutture geologiche presenti si ha un gradiente geotermico, che esprime la variazione di temperatura con la profondità. Mediamente la temperatura incrementa con la profondità di 2.5-3 °C ogni 100 metri, ma è chiaro che questo flusso è molto più elevato in presenza, per esempio, di aree vulcaniche attive (giovani) e/o aree con una crosta terrestre molto assottigliata (aree continentali in rifting e aree oceanizzate). La dispersione del calore nel sottosuolo però è molto alta ed influenzata da molteplici fattori, pertanto non è sufficiente scendere in profondità per avere una potenziale risorsa geotermica. È necessario avere 3 componenti, che identificano in generale un sistema geotermico tradizionale di tipo idrotermale:

  1. una sorgente di calore, inteso come calore sotterraneo che diventa elevato quando vi è la presenza di un corpo magmatico in raffreddamento all’interno della crosta;
  2. un serbatoio geotermico, costituito da rocce o formazioni rocciose calde e permeabili per fratturazione;
  3. un fluido circolante nelle rocce serbatoio come le acque freatiche, ovvero acque meteoriche che si infiltrano e percolano nelle rocce permeabili dove subiscono un riscaldamento

Per evitare che il calore si disperda, i sistemi geotermici sono chiusi al tetto da una copertura impermeabile (formazioni o rocce argillose, a granulometria fine), che funge da isolante e che impedisce la rapida dispersione del calore verso la superficie. Sulla base delle temperature dei fluidi circolanti, tali risorse vengono classificate in sistemi di medio-alta entalpia (energia proporzionale alla temperatura del fluido), come la stragrande maggioranza delle risorse nazionali, che sfruttano questi circuiti profondi ad elevate temperature (geotermia profonda, con temperature superiori anche a 150-190 °C).  

Ma le ricerche in nuove tecnologie consentono, oggi, di considerare il sottosuolo in generale come un serbatoio termico. Si sfrutta in questo caso la stabilità termica del sottosuolo, ovvero il fatto che a moderate profondità la temperatura non risente delle fluttuazioni giornaliere e/o stagionali (come per le cantine, dove la temperatura è fresca d’estate e relativamente più calda d’inverno rispetto all’aria esterna); in questo caso le risorse geotermiche vengono classificate a bassa entalpia, con temperature inferiori a 90 °C e vengono definite anche risorse geotermiche superficiali.

A queste due possibilità bisogna aggiungere la tecnica di idrofratturazione di rocce calde e secche (anche in assenza di un reale serbatoio geotermico), iniettando acque fredde ad alta pressione in profondità, che fratturano il potenziale serbatoio roccioso ed assorbono il calore nelle microfratture originate artificialmente. Questa tecnica (definita Hot Dry Rocks) sperimentata in diverse località del mondo rientra in quei sistemi definiti sistemi geotermici migliorati o Enhanced Geothermal Systems (EGS), ovvero sistemi di terza generazione che incrementano il rendimento di una centrale per la produzione termoelettrica e che consente di installare centrali anche in zone dove non esiste un reale sistema geotermico. In questo caso, si sfrutta il normale gradiente termico, instaurando artificialmente una circolazione fluida profonda che estragga il calore a determinate profondità.

I fluidi geotermici sono quindi il vettore di trasporto dell’energia termica verso la superficie e vengono utilizzati sia in forma vapore (gassosa, medio-alta entalpia, temperature elevate), sia in forma liquida (bassa entalpia e temperature più basse), rispettivamente per la produzione di energia elettrica e per la produzione di calore destinato a molteplici utilizzi. In Italia, ma non solo, una varietà di applicazioni anche molto antiche sono l’utilizzo a scopo termale e balneologico e per la produzione di energia elettrica (quest’ultima possibile nei sistemi ad alta entalpia); ma altri utilizzi sono legati alla climatizzazione di ambienti, serre e per scopi agricoli, acquacoltura, processi industriali, mediante l’utilizzo di pompe di calore e/o teleriscaldamento. In questo modo si sfruttano anche risorse di bassa entalpia. In base alla domanda e per garantire la minor dispersione possibile, lo sfruttamento dell’energia geotermica viene garantita da sistemi di pozzi che consentono di emungere le acque calde e, contemporaneamente, la re-iniezione delle stesse una volta “raffreddate”, reintegrando in serbatoio la risorsa, la cui ricarica può essere influenzata da mutevoli fattori climatici.

Rappresentazione schematica di un sistema geotermico (fonte: Unione Geotermica Italiana, UGI)

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della geotermia?

L’energia geotermica è considerata una fonte rinnovabile, pulita e praticamente inesauribile, in quanto la componente “calore interno” del pianeta è praticamente perenne, considerando una scala di tempi basata sulla vita umana. L’impatto ambientale è praticamente nullo sul piano delle emissioni, in quanto non vi è produzione né di CO2 né di polveri sottili (non avendo combustione); è una fonte energetica indipendente dal fattore climatico (solare, eolico…) ed è in grado di produrre 24 ore su 24, garantendo una migliore resa e continuità di esercizio. Grazie ai progressi tecnologici del settore è possibile produrre contemporaneamente elettricità e calore (co-produzione) e/o progettare utilizzi “a cascata”, integrando differenti tecniche in grado di sfruttare la risorsa in regimi di temperature progressivamente più basse.

Ma come per tutte le fonti energetiche ci sono degli svantaggi che bisogna citare. Per esempio sul piano della rinnovabilità, l’energia geotermica a medio e lungo termine necessita di alcune considerazioni: i fluidi coinvolti sono acque meteoriche che ricaricano il sistema naturale infiltrandosi in profondità; pertanto, se la velocità di emungimento/sfruttamento della risorsa è maggiore della velocità di ricarica del sistema naturale, si va incontro al depauperamento della stessa, pur essendo una fonte rinnovabile. Inoltre, un eccessivo emungimento di acque freatiche senza rimpiazzamento in profondità induce un problema di subsidenza indotta, senza considerare che spesso le acque geotermiche sono chimicamente arricchite in sostanze tossiche a causa dell’interazione gas-acqua-roccia ad alte temperature (es. acque boriche…), ponendo un problema di smaltimento delle stesse.

Una delle soluzioni che viene attualmente adottata è la tecnica della re-iniezioni delle acque di processo in profondità, sia per mitigare i problemi di subsidenza indotta che per migliorare la resa della ricarica del sistema, oltre che a risolvere parzialmente i problemi di smaltimento di acque potenzialmente tossiche.

Inoltre bisogna considerare che il processo di riscaldamento in profondità non è immediato, pertanto è necessario un certo intervallo di tempo per consentire alle rocce serbatoio di trasmettere il calore ai fluidi, fattore questo non sempre in accordo con le esigenze di produzione. Alcuni svantaggi possono essere legati ai costi iniziali legati alla perforazione (con i rischi connessi ad operazioni del genere) oltre che ad un impatto ambientale che in alcuni casi è dovuto ai cattivi odori che possono sprigionarsi dalle centrali (risolvibili completamente però con sistemi di monitoraggio ed abbattitori chimici).

L’Italia rappresenta una regione straordinaria sia dal punto di vista geologico che dal punto di vista vulcanologico, dove coesistono diverse condizioni geodinamiche (subduzione placca adriatica con vulcanismo di arco, oceanizzazione del Mar Tirreno, assottigliamento crostale della porzione occidentale della penisola) grazie alle quali l’esplorazione geotermica, che ha avuto grande impulso durante la crisi petrolifera (1976) e fino agli anni ’90, ha rivelato un grande potenziale.

Sono state individuate almeno 4 macro-aree corrispondenti:
1. Toscana, dal Larderello fino alla caldera di Bolsena (Lazio settentrionale), con un’estensione in direzione NW nel Mar Ligure;
2. Campi Flegrei in Campania;
3. Tirreno meridionale, a ridosso dell’arco vulcanico delle Eolie;
4. Canale di Sicilia, dal vulcano sottomarino di Empedocle fino a Lampedusa.

L’esplorazione incentivata dallo Stato in questo settore si è arrestata negli anni ’90, quando la crisi petrolifera rientrò e le perforazioni si conclusero, bloccando tutto il processo di ricerca e sviluppo (su scala nazionale). La crisi climatica, le “sete” energetica sempre crescente e la transizione ecologica impongono ad un Paese geotermicamente caldo come l’Italia una massiva ripresa degli studi ma soprattutto dei progetti di sfruttamento della risorsa, dando più risalto alle nostre eccellenze mondiali di settore e cercando di ottenere l’indipendenza energetica o comunque una minore dipendenza dalle risorse fossili extra-nazionali.

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